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Regina e Milo

Fantasy

Regina è una gattina un pò bianca un pò marroncina, ha il pelo

Lungo e folto, il nasino rosa, il musetto delicato, gli occhi verde smeraldo, è cicciottella aggraziata della famiglia agiata è la regina.


La gattina ama stare sdraiata sul morbido cuscino di velluto rosso, della poltrona del salotto.

Regina dorme quasi tutto il giorno, ogni tanto stende le zampe fà la gobbetta, miagola contenta alla sua padroncina bella.


Ama le coccole Regina, specialmente la mattina quando và in cucina a bere il latte tiepido nella sua scodella rosa, beve delicatamente con la sua linguetta, poi soddisfatta si lecca i baffi,

con un salto torna a distendersi sulla poltrona, dopo poco pigramente va in giardino a fare una passeggiata, cammina Regina ancheggiando vezzosa scodinzola la folta coda. I gatti del giardino la guardano la desiderano, lei non fa caso ai gatti innamorati è una gattina seria vuole trovare il vero amore, il gatto che le farà battere il cuore.


Ritorna a casa Regina sulla sua poltrona preferita, i suoi padroni le vogliono un mondo di bene, la viziano lei contraccambia i loro amore con i suoi ronf ronf.


Un giorno dalla finestra spalancata del salotto è entrato un gatto nero tigrato miagolando allegramente con accento romano dicendo...” A bella che fai? Perché non venghi cò mè

a fà un giro sui tetti della città?”


Regina è stupita miagolando dolcemente dice...” Io non ti conosco chi sei?”


“ Io sò Milo er gatto der condominio er barbone, nun cio’ padrone vivo la mia vita pè strada, sò felice quanno c’è er sole, sò triste quanno piove e quanno ciò fame, sò libero nun ciò er

collarino rosso ar collo c’ò la campanella come c’ hai tu, vivo alla giornata, vado a caccia de topi e de lucertole, a vorte rubo senò nun majno.”


“ Mi dispiace sei sfortunato, sei ladro e questo non mi piace."

“ C’ hai raggione bella, quanno sò nato mi madre m’ ha abbandonato, nissuno m’ ha voluto adottà sò diventato ladro, che ce posso fà.”


“ Nun è bello credeme vive pe strada sotto er sole e l’ acquazzone, che tristezza nissuno che te fa n’à carezza, pe vive me sò dovuto arrangià.”


“ Certe vorte annavo a miagolà dorcemente sotto li tavoli de n’à trattoria speranno de fà compassione a quarcuno ave’ quarcosa da majna’ me prennevano a carci sò diventato cattivo, anche se infonno ar petto batte un core bono.”


“ Tu sei fortunata, vivi spensierata, hai dei padroni, n’à bella casa e tanto cibo da majnà, un morbido giaciglio, nun te manca jniente.”



“ Milo è vero ho tutto non mi posso lamentare, ma la mia vita è piatta faccio sempre le stesse cose, però sono contenta, non si può avere tutto.”


“ Me dispiace n’ a cifra che questo t’ addolori, venghi c’ò me te farò conosce er bello de la vita.”

“ Mi piacerebbe venire con te ma non posso.”


“ Perché?


“ Ho paura del buio.”


“ Nun te preoccupà ce penso io a te.”


“ Ti ringrazio ma come faccio con i miei padroni?”


“ Nun se accorgeranno de nulla, tornerai a casa prima dell’ arba.”


“ Sei simpatico voglio diventare tua amica.”


“ Grazzie Regì già te vojio bene.”


“ Dajie datte n’à mossa, che la notte è breve.”


Che bella notte è per Regina è felice salta, corre, miagola alla luna, conosce altri gatti amici di Milo, gatte simpatiche.

Prima dell’ alba torna a casa è stanchissima dorme tutto il giorno. Quando si fà sera Milo ritorna, entra dalla finestra le dice...” Regì che fai stasera venghi c’ò me a contà le stelle?.”


“ Stasera non vengo sono stanca.”

“ Te devi abituà”.


“ Ma stai a scherzà me faresti sta cattiveria?


Datte n’ a mossa nun fà la gatta morta, vivi.”


“ Forse hai ragione vengo.”


Saltano su un albero del giardino, brilla lucente la luna, si guardano profondamente negli occhi si baciano, sono innamorati.


E’ una lunga notte d’ amore, Regina torna a casa sfinita ma felice ha vissuto l’ estasi d’ amore, mentre si straia sul cuscino di velluto rosso della poltrona pensa fra se...” Quanto è bello l’ amore.”


Il giorno passa rapidamente, la gattina non si è accorta che è scesa la sera e Milo e già da lei.


“ Regì annamo stasera nun poi mancà c’è n’à festa da ballo da mi cugino Gino s’è fidanzato c’ò Minù, se venghi tu me divertirò de più.”


“ Ho dormito tutto il giorno vengo volentieri, prima però devo andare in cantina.”


“ A che fà?”


“ Voglio catturare un topino per fare ai fidanzati un regalino.”


“ Me piace l’ idea annamo."

Entrano con zampe felpate, si nascondono attendono pazientemente, ecco il topino esce dalla tana il momento è buono con un gran balzo esce fuori Milo con una forte zampata uccide il topo.


“ La preda è presa annamo alla festa Regì.”


Nella cascina della padrona di Gino la festa è iniziata, quanti gatti eleganti vestiti da sera, le gattine tutte sofisticate sexy aggraziate ballano in coppia strette strette musiche romantiche.


“ Che dichi Regì ballamo anche noi?.

“ Certo Milo,

ma io non sò ballare.”


“ Nun te preoccupà te porto io.”


Ballano a guancia a guancia, a core a core, il ballo struggente dell’ amore.


La festa continua, tanto cibo e tanta allegria, canti corali di gatti innamorati.

Ad un tratto si sente un gran boato, rumore di vetri infranti schizzano nell’ aria, la musica cessa, paura grida terrore.


Sono entrati dei gatti malviventi, saltano irosi sui gatti invitati alla festa, che baraonda.

Milo li riconosce, sono la famosa banda dei crudeli gatti

randagi, ladroni politici. Il capo banda detto zampalesta, cuore di pietra, mano di velluto, vuole uccidere tutti i gatti del rione per diventare il gatto superiore avere tutte le gattine a sua disposizione,è conosciuto per rapine nei pollai di galline e polli dei contadini. Fa parte della sua banda il gatto Ugolino che è feroce più di un cane mastino, Rugantino piccolo assai crudele

con le sue prede, la gatta carlotta che fà la prostituta attira i gatti nelle trappole.


Zampalesta vuole fare la festa a Milo perché è il più malandrino, lo aggredisce con zampate e unghiate morzi, Milo si difende lotta disperatamente per se e per Regina che si è nascosta poverina. Quanti feriti quanto sangue, le gattine spaventate con i peli irti per la paura. La cantina è diventata un campo di battaglia .Dei cani sentono le urla e intervengono, i gatti fuggono. Regina è sana e salva, Milo è ferito gravemente perde sangue, soffre molto. Suo cugino Gino ha ferite lievi, carica Milo su una carriola, lo porta nella cantina della padrona di Regina. Povero Milo com’è ridotto male.


La gatta lo cura con amore, tampona le ferite, gli asciuga il sudore Milo ha la febbre alta, Regina è preoccupata corre dalla padrona le fa capire di seguirla. La padrona la segue, vede quel povero gatto più morto che vivo chiama subito un veterinario.


Il battito del cuore è lento sta per svenire, il dottore gli fa un’ inizione, c’è un lieve miglioramento Regina sta vicino a lui.


Miagola Milo con un filo di voce...” Addio Regì io sto a morì.”


“ Ma che dici, ti riprenderai.”


“ Regì sei stata l’ amore della mia vita, dimme che anche tu m’ hai amato?.”


“ io ti amo e ti amerò sempre,”

“ Nun piajne.”


“ Tu mi hai fatto conoscere la vita, l’ amore, devi vivere fallo anche per i nostri cuccioli.”


“ Diventerò padre! Che bello, peccato che non li potrò vedere.”


“ Tu li vedrai.”


"Famme n’à promessa Regì se uno sarà maschio chiamalo Milo come me.”


“ Certo Milo te lo prometto.”


La gattina lo guarda, dai suoi occhi scendono grossi lacrimoni.


Quelle sono le sue ultime parole, Milo è morto.


Regina è disperata, non vuole più vivere senza il suo amore

ma dentro di lei ci sono i suoi figli, che devono nascere, solo per questo si dà forza per vivere.


Il tempo passa in un baleno, i gattini nascono sono sei bellissimi, quattro femmine e due maschi, le femminucce assomigliano a lei, mentre uno dei maschietti è tutto suo padre.


Regina è una mamma affettuosa, ma anche severa quel tanto che basta, parla ai suoi gattini del loro padre Milo, i micini la guardano con gli occhioni sgranati, sono molto interessati.

“ Piccolini oggi mamma vi porta a fare una passeggiata in un posto bellissimo.

“ Dove mammina?”

Chiedono i mici.

Camminano arrivano dove c’è un grande prato

colmo di fiori, “ vedete piccolini quel grande albero di mimosa in fiore

ecco li sotto c’è la lapide di vostro padre”

Una lapide di marmo bianco spicca nel verde, con la fotografia di un gatto nero tigrato, con la data della sua morte incisa.


“ Milo ti ho portato a far conoscere i tuoi figli, questa è Frufrù, Lulù, Lilì, Marlen, questi sono, Moro e Milo."

“ Quello che mi hai chiesto ho fatto.”


Andiamo gattinidice la gatta, tutti corrono dietro a lei meno il gattino Milo, il piccolo resta incantato a guardare la fotografia di suo padre.

Il gattino chiede a sua madre...” Mamma ma io assomiglio a papà, per questo porto il suo nome.?

“ Certo figlio mio, tu sei il ritratto di tuo padre.”


Milo fantasma è nascosto fra i rami dell’ albero di mimosa in fiore, guarda la sua famigliola che va via, sorride miagolando dice...” Sò rinato, ma mò sò più fortunato.


Gabriella Giusti 09/06/2019 22:02 737

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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