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Fui espulso dal nido con un tremolio di visceri, fu uguale ad avvertire un terremoto di pancia, questo, avvenne nel basso ventre delle partoriente: "mia madre", così, dopo nove mesi di paradiso, di sosta, di crescita, l’ uovo si aprì senza nessun ordine nella placenta, perdendo il prezioso albume. Fui espulso dal principio che mente mia ricorda, senza distinguere il prima dell’ avvenimento, del cibo di quella sera che mio padre e la stessa gestante all’ ora di cena avevano mengiato, ne ricordo la spinta, la propulsione, il dolore, il viaggio nell‘ universo della vita attraverso il veicolo del quale sono approdato nell’ uovo: "caverna" una capsula, un asteroide genetico colmo di informazioni... non saprei. Quando nacqui, mi trovai nel vuoto del momento respirando per la prima volta; alieno sulla terra, singhiozzavo, a tratti feci l’ esperienza delle prime lacrime sul viso, del gusto del salato, dell’ albume, qualche rivolo di succo di placenta mi fuoriuscì dalla bocca..! Da embrione a umano, il passo fu breve... Presto, arrivarono informazioni: Seni, capezzoli morbidi e teneri, ma soprattutto latte caldo umano con ogni ben di dio, eccezione per il ferro. Una delizia per la bocca, succhiare era u piacere pari, a l’ orgasmo di un adulto ossessionato di scalare le montagne: due cucuzzoli i cicoli della cima. Cominciai ben presto a vedere ombre, a sentire l olfatto e il sapore del latte tiepido. L’ odore del borotalco mi rallegrava, mi ricordava il paradiso, "la caverna" mentre, la luce ombrosa mi procurava ansia, così piangevo, mi dimenavo, strillavo. Mia madre mi diceva che ero caca cazzo, mi portò da parecchi pediatri, il risultato fu: "sano come un pesce! Crebbi poi, con pappe, crema di riso, latte e omogeneizzati della Plasmon. Certo, i primi passi li feci in un girello quando le gambe reggevano, scivolavo come se fossi sulla neve nell’ alta montagna. L’ odore del paradiso mi portava indietro. l’ utero, la mancanza paradisiaca, tutt’ ora a volte manca, anche se in momenti di pace avverto il legame ancestrale. " Prima" Ma quello che mi manca di più è stata l’ accoglienza, mai, mi sono sentito interamente protetto e amato, magari e solo questione di quantità empatica, di volere di più,di più, essere esageratamente avido di sentimenti e sentirsi al centro della caverna … non saprei giudicare, ma quello che provo, e la mancanza di un calore ancestrale di carne umane, di coccole, di baci, abbracci e esplosioni di calore uguale al fuoco. Fortunatamente mi amo da solo, sono fortunato in questo, mi gusto...

Di certo sono nato tra incontri no aridi di affetto, ma da modelli e capsule del tempo prive entrambi di passato affettivo; forse la guerra, la miseria, il procreare istintivo senza manifestare amore o il piacere di progetti pianificando una nascita di un bambino, quindi me stesso in questo caso.

Non imputo colpa alcuna a entrambi. A quei tempi guerre e miseria padroneggiavano nelle Nazioni europe, i bombardamenti erano quotidiani, si pensava a racimolare cibo, piuttosto a dare carezze. Ci abbiamo rimesso tutti a quell’ epoca e nel dopo guerra. sia nel percorso della vita, sia come prospettive di ampiamento evolutivo emozionale. Anche se nato al centro di Napoli, a pochi passi dal mare, non lo conoscevo, abitavo con la famiglia in una ex stalla adibita a casa, un letto un fornello e un bagno. Se non mi fossi aggrappato all’ amore, alla ricerca interiore e la fortunata sorte di lavorare in ospedale, anche se questo lavoro non mi è mai piaciuto, non so che fine avrei fatto. Certamente non sarei finito a delinquere, forse emigrante si. Mi sarebbe piaciuto fare il priore in un monastero di montagna, un po come Narciso nel racconto di Hermann Hesse, prima scelta, mi piace tutt’ ora l’ odore dell’ incenso, il silenzio nella chiesa, l’ odore delle candele che bruciano, la meditazione, insomma, mettermi alla prova con l’ amore, altre scelte, l’ archeologo, il ricercatore essere un rettore, avere una cattedre di filosofia. Ma so per certo, che tutti abbiamo una predestinazione ancora prima di entrare nella capsula, siamo lettere veiicolate, da imbucare, scritte prima di essere mandate al mittente. Sono fiero di me comunque, anche se so con rammarico che, potevo dare molto, tanto di più.

Come il ragno che si chiude nelle zampe,

come le dite delle mani che serrano il pugno,

come l’ ostrica bagnata dal succo del limone,

l’ anima aprì ogni finestra e porta.

da uno spioncino penetrava una fioca luce,

che provieniva dal giardino delle meraviglie.

Quante volte desideravo allungare la mano

sul frutto dell’ albero del mandarino

per portarmi la buccia sotto al naso,

odorare la vita;

arrampicarmi sul robusto albero di fico

per assaporare i frutti

di color verde e rosa dentro

a forma di piccole pere.

Non ricordo la caduta,

la chiusura, non ricordo della chiave,

delle mandate nella serratura,

della guerra allo straniero,

del tradimento dei fedeli,

del ritiro spirituale dentro me.

Esiliato nel fossato, non direi...

Nel profondo della casa

guardo il cielo nella stanza,

ammiro gli astri a pochi passi,

mangio luce di limone,

mi consolo con la luna.

Ho un sogno nella tasca:

Vorrei essere farfalla

e mai bruco; divenire...

Distendere le ali colorate

e volare nel cielo poco annuvolato.

Un fremito di vento

portò via un petalo

di profumata rosa;

questo, aleggiò nell’ aria,

si posò sulla le labbra

a volte rosse, "passione"

nella bocca dell’ amore.


Pasquale Lettieri 25/07/2021 17:40 564

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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