Tra rovi arbusti e infestanti erbe
due bianche campanule: son occhi
aperti a cercare il sole e il cielo,
par suggerire qual maestra la natura:
fa come me quando è grigio il viver tuo
che in ogni dove metto una nota di colore. | 
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Le dissi t’amo in primavera
così come il rosso papavero
color vivace prese il di lei viso
anch’io poi rispose e mi sorrise
ma come morta la stagion del fiore
pur come quel avvizzì il suo amore. | 
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Ricche di foglie verdeggianti son
oggi le piante del giardino il tiglio
solo al ciel due moncherini tende
nudo tanto la scure nel potar quel
d’autunno dì la chioma sua offese
e d’udir or par un lamento suo
che altre primavere han da venir
prima d’al ciel d’aprir le verdi
braccia te fortunato dico che ben
diverso il destin di vecchia pianta
il mio nuda tra le mille e mille
piante verdi nel campo della vita
braccia dall’usura del tempo rotte
a rinverdir precluse e la morte solo
pronte ad abbracciare domani forte | 
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Dan oggi qual occhi aperti al cielo
le bianco rosato brattee del corniolo
all’animo una particolar dolcezza
pur se il sole è spento e addormentato
e il cielo stesso a donar pioggia pronto
tale è il poter di questi particolar colori | 

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Pianta tanto bella l’oleandro
oggi la fiorita bianca chioma
sua al cielo tende e brilla al sole
e dolcezza offre alla visione mia,
or volteggia lì vicino una farfalla
dai colori giallo rosso bruni vivi
e poi rapida veloce si allontana
e sussurrare par queste parole:
tanta bellezza ostenta ma veleno
in sé poi mortal tanto racchiude
qual bella donna di sua bellezza
adorna che prima dolce ti attrae
poi baciandoti ti avvelena il cuore
come tu sai bene dal passato tuo | 
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Ricordo, tra i ricordi suoi più belli
mio padre un materasso foglie
di granturco al sol seccate ricordava
povere frasche da steli di pannocchie
privi nel campo lì lasciate in grezzo
telo poi imprigionate nudo su quello
sul povero letto dei suoi nonni
bambino ridendo gioioso vi saltava
quel crepitio il muoversi di quelle
dolce fruscio dai piedi scalzi mosso
quel profumo di campo abbandonato
mi ripeteva umido al ricordo l’occhio
strano per te forse per me vera felicità era. | 

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Nella stagion che di rosso intenso s'apron dei melograni
i fiori macchie di queste colorate gemme di Mornico Losana
ornano la veste, sul limitar stanno di pietrose antiche case
abbandonate, in giardini, un tempo, tra spessi rovi s'ergon
a fatica e tra sterpaglie secche, lungo pendii che scendon
verso valle e sui cigli qual sentinelle ferme delle strade
all'arboreo scintillante quadro donan sua completezza
sì che nel caldo giugno questo al ciel volto rosseggiar di fiori
rossi negli anni nel tempo si rinnovella dolce vision donando. | 
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Come Chiron da freccia mortal colpito
al dolor col fior riposo pose l’azzurro
fior d’aliso tra bionde messi pur io
andrò a cercar sul cuor d’amor ferito
lo porrò per la pena mia presto lenire. | 
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Nel fresco mattino che apre il giorno
bagna la rugiada il verde rosmarino,
rigoglioso folto qui nel giardin mio,
di quel arbusto figlio che un tempo
antico catturò il dolce acquoso marin
velo dal profumo intenso e penetrante,
con la mano ecco l’accarezzo poi forte
aspiro il suo dono lasciato a questa mia
carezza ch'oggi per me odore di mattino. | 

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Una casa da tempo abbandonata
corroso il cancello arrugginito
sterpaglie e erbacce lì solitario
uno smunto esil melograno
a terra giacciono o già marci
o semispaccati lì quei frutti
suoi dalla bianca- rossa grana
perse negli anni e nell’oblio
le festose grida dei fanciulli
mentre a lui tendevano le mani. | 
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Sul cono del vulcano ormai da tempo spento
dell'eolica isola Salina tra le pietraie bianco nere
di pomice ossidiana e pirosseni nate da un fuoco
antico e figlie di una primigenia indistinta lava
l'agave oggi da un tenue verde colorita orgogliosa
mostra dopo una paziente e sofferente attesa
durata nel tempo per tanti e tanti anni al cielo
al mare alle palme nane a quelle sorelle lì vicine
dal suo cuore nato grembo uterino di carnose foglie
il figlio quel fiore ardito bello dall'alto fusto
candelabro che al sol s'accende di luce ardente
la bella salire su in alto elicoidale infiorescenza.
Strano destino il loro e dal fato arcano misterioso
per pochi giorni sarà del figlio questa madre adorna
un abbraccio tragico d'amor all'unisono quasi
spegnerà dolcemente questa breve vissuta assieme
vita loro: già si piega del figlio la corolla sul tronco
in due parti ormai spezzato sulle molli già spente
braccia sfatte non più carnose foglie della mamma
da questo atto d'amar d' amor sublime domani
questa dal funereo destino la certezza nuove vite
si apriranno tra le pietraie arse dell'isola Salina. | 
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Tra le verdi foglie, fiori cremisi
lucenti, alla donna il viandante
chiese quale che il nome loro
fosse, triste dolente la risposta:
della miseria sono come tutto
il resto che qui abita e circonda,
era ricordo lontana primavera,
oggi è autunno e son anni più
lontani, altro il giardino il luogo,
ma un arbusto, figlio di quel
primo qui vive e alla mia vista
s’offre: della miseria i fiori son
caduti, solo foglie gialle, gialle
come lamine d’oro al cielo volte
quasi a quello del fiore nome falso
in quel tempo dato oggi vendicare | 

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L’ampio tiglio mi oscura
dell’ultimo autunno quei
pochi deboli raggi di sole
ne soffre il mio gelido cuore
che fuggito lontano è l’amore
or attendo paziente che spogliato
dal vento quel primo all’ultimo
giunga qual ristoro un dolce tepore | 
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Bianco innevato sta il ginepro
vispo zampetta il pettirosso
le rosse bacche volto a ricercar
frutta desiata alla pressante fame:
sbatton le ali e picchietta il becco
dalla danzante a tali moti brocca
nivei frusti cadon e lì una s’accende
e al goloso cercator fresca si offre | 
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Vedo oggi nel giardino una tardiva viola
e con la mente ritorno a un tempo antico
al giardino della giovinezza e dell’amore
vi era ricordo vi era un fior certo una viola
ma non la colsi che nell’istante mi tremò
la mano ancor dell’amore acerbo allora
or mi domando che fine abbia fatto quel
non colto da me fiore: là ritornar cercar
vedere? Fosse ancor lì qual come questa
viola tardiva e dolce e profumata? Tremante
pur oggi la man sarebbe e incerta poi non
per acerbo amor ma per vecchiaia stanca,
guardo e penso ai versi del poeta antico:
“Il mio sogno è nutrito d'abbandono,
di rimpianto. Non amo che la viola
che non colsi. Non amo che le cose
che potevano essere e non sono state” | 
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Negli ultimi giorni settembrini
volge i suoi occhi color sole
gialli l’elianto tuberoso al cielo,
un sol ramo ogni anno per magia
si china in basso e a me lo sguardo
volge e poi al vento dondolando
i suoi occhi mi sembrano parlare
è come la voce dolce di mio padre
che queste parole pare sussurrare:
di questi fiori ricordi nella stagion
in vita alla mamma un mazzolin
solevo portare e nell’eterno sonno
stando a lei vicino non vorrei oggi
pur mancare, ancor più in basso scende
il ramo ed offre i giallo fiori pian
pian dondolando verso la mia mano
che al cimiter a lei per lui porterò
come ogni anno sempre all’indomani | 
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