Fugge dall’anima l’illusione della vita
che come roccia solitaria sta
tra nubi di veleno piena.
Proietta la luna un bianco raggio,
nel cielo vagano migranti pensieri,
distesa è la speranza dell’etereo volo.
Un grido di dolore muove la mente
e, l’astro luminoso
le porte dell’amor schiude.
Non più ombre che inseguono
come larve il pensiero mio
da quando vidi risplendere il volto tuo.
Vivo e m’affido al tuo impavido pensiero
e, non più guardo alla paurosa alba
che nella gola malvagia l’esser mio gettò.
Mutati i mostri a nuova vita anelo
finché indomabile il mio urlo sarà. | 
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Nelle tarde serate primaverili
dove la luce chiara
disegna nubi di dolcezze
titubante imbastisco
il telaio della mia giovinezza.
Amicizie, amori, bufere
e, la storia di un passato vissuto con slancio
su un rosso tappeto fiorito.
Garofani rossi,
primizie ideali d’un impeto ribelle.
La storia, sconfitta dalla realtà
rimuove speranze.
Rimane un tappeto di fiori appassiti
all’ombra del mistico sole.
Il nostro avvenire
un traguardo irraggiungibile
diventato utopia. | 

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Brandelli di carne tra cemento fiammante,
occhi imbambolati tra segreti di terrore,
bocche incapaci, oltraggi indegni.
Ribelli alle violenze.
noi combattiamo.
Siamo spirito,
inganno della mente,
utopia, opportunità,
sentimento di passione,
uomini e donne
uniti per la liberazione. | 

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Nel veder uccidere le folle con furore
l’impallidita anima che il dolore svapora
fluttua or su l’onda e, pace mai non trova.
Ma, nel terreno pigro
rifugio di insidie immani
piangono i sfortunati.
Mentre nel vento vile
della luce del tramonto
gracchia minaccioso il corvo.
Allor in cerea volta
si eleva da nube oscura
d’un spirito la figura.
S’innalza con baldanza sul bluastro orizzonte
colando dalle bocche l’alito della morte.
Supera il confine dell’universo intero
porta il presagio del sangue e del veleno.
Passa solerte e muta sulle città grandiose
sul suo cammino segnato si leva un ululato.
Le folle con terrore guardando in alto e temono
che il sole si spenga in cielo,
mentre il cuore grida con tutto il suo dolore
alla vita decapitata sulle rotaie dell’anima.
Su sacra terra pura muore volgendo l’occhio
ascoltando il rintocco del dono dell’amor.
Così l’amor vibrante dell’uomo che non teme
arde nel ventre tremulo e, per un giorno almeno
miglior Dio lo fece. | 

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Che bellezza aver l’animo indipendente
per capire la società e, soprattutto la gente
che produce con costanza per alleviare il mal di pancia
dalla prepotenza gonfia di chi disfa, calpesta, dissangua.
Legittima rappresentante d’astuzie e potere
combatte chi con passione, svolge il suo dovere.
Si lusinga si compiaceperché al giovane non da pace
e all’anziano con furore toglie pure le parole. | 

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Fra misere ipocrisie
e, industrie di menzogne
appare quel che non è.
Pensieri, azioni nostre,
rivolte al vero
per non mentir
al cuore umile e sincero. | 

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Chiedo un scritto schietto.
Una debole onda.
Un gioiello alpestre.
Una composta gratificazione.
Una sorte benigna.
Una melodia intonata.
Una brezza vivente.
Un percorso sereno
intrecciato da mosaici di petali rossi
senza dover annaspare
in un credo affranto dal dolore
presso la tua devozione mio Signore. | 

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Con rumore tenue
in questa mattinata dicembrina
e, abbagliato dal sole, muta pure colore.
Brillante, scintillante
indora con il riflesso
del formato specchio
abbagliante beltà
che l’occhio vigile
percepisce sulla sua riva
come oasi di pace infinita.
La dove il cielo sconfina
un altro colore adorna il mistero.
Sarà l’attesa della santa festa
che riempie la testa d’universale
per poter pregare non solo in chiesa
ma liberamente sulla riva del mare
in attesa del santo Natale. | 

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Giovani conoscenze
d’impallidite ceneri
aggrappate al mondo
esortano lo sfolgorio
delle mille nature dei venti
dove s’affilano le parole
perché non siano punte di spade. | 

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Acerbo e meschino nel Palazzo viveva
e con invettiva ascriveva la colpa
alla compagnia della Camera,
atmosfera conviviale
che delibera per non fare
il decantato deliberato dal Senato.
Parla, tuona, ancora riparla
continua a parlare,
è un gran faticare
per le tonsille infiammate
e intanto promette
ben più che di quello
che il portafoglio permette.
Parlare è suo gaudio e diletto,
del sano lavoro non conosce aspetto.
Venga pure a contestare
queste rime strampalate.
La ragione mai non teme
sempre vince sulle beghe,
se poi queste son di Camere
hanno rotto assai le palle,
specialmente quelle vociate
moralmente tramandate
da venti anni a questa parte
e, i ladri sono tanti.
La felicità suprema
del vivere in questo sistema
che delegittima la giovinezza
sta che dalla tua lingua reflua
più nulla aspetto.
Solo alla pienezza
del giovane ardire
con speranza guardo.
Per cambiare in fretta
questo gioco d’azzardo. | 

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Nasce dal dentro
infusa come scusa
di una colpa che non ha
dove ogni delirio
è una parte di verità.
Senza elemosinare pietà
e, ancor più perdono
arrischiare, perché
non è difetto, non è vizio,
solo e soltanto schiavitù
la difformità della sinonima diversità. | 

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Regina dell’insensibile umano sentire.
Sdegno per il puro cuore,
indegna della comprensione.
Guarda, la nostra indisponibilità.
Disprezziamo il tuo tanfo
dannosa e spregevole malattia.
Noi fieri combattenti
sprezzanti del pericolo
marciamo dove nasce il cambiamento.
Il codardo sarà disperso. | 

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Famelico voglio ululare alla luna piena.
Impulso.
Improvvisa una recondita idea
la mia mente razionalizza.
Fragile e geloso
del mio intimo pensiero
intingo il pennello nel cielo.
Lasciandomi rigare le guance
piango.
Rimpiango il passato
in cui il mistico sole
donava lucentezza e avvenire.
Il libro delle idee
sulla rossa bandiera
campeggiava chiaro.
Nitido sentore dell’idea.
La falce e il martello
adagiati sotto il libro
e, i raggi del sole
ancora più belli.
Un ricamo tessuto sulla stoffa rossa
annuncio di speranza e riscossa. | 

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Migliore, il sesso, Per te,
Se dal tramezzo Santo
Indugiasti a vuoto
Quello stendardo
che i vincoli e la fifa
ricacciarono distante
in un istante.
Superiore, il sesso.
Inutile a queste rive
conservare la volontà inchiodata;
invano è attendere
il frangente che deterge la vergogna.
La frode vaticana
chiama il pentito al confessionale
a lambire col labbro il colpevole palmo
coperto dal sangue d’innocente adolescenza.
Di perversioni ricca è la carcassa
che alla carezza spregevole s’inchina.
Sconfessate canaglie
incoronate dai principi ecclesiali
che stesi su tappeti e ornamenti
voi; santificate.
Altra è la fede che arde nel cuore
quella che col sesso
entra in connubio con l’amore. | 

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Francesco Rossi nato a Sestri Levante il 24/01/1958 Pensionato.
Terminata la scuola dell'obbligo nel 1974 assunto come operaio in una ditta, nel 1976 assunto in Fincantieri dove per 35 anni ho svolto la mia professione di operaio speciallizato. E' in quei anni che si completa la mia formazione culturale con l'impegno politico e nel movimento sindacale dove ho ricoperto vari incarichi senza mai tralasciare il lavoro manuale attivo che credo ho svolto con passione e profitto. Anni duri, sia per la giovine età che per le problematiche legate al mondo del lavoro in continua trasformazione. Scrivere poesie è oggi il mio passatempo preferito, condiviso con la lettura e le scarpinate sui monti. Cultore del libero pensiero in quanto credo che le sensazioni, le emozioni che ogni persona prova non hanno confini ma, spaziano nella magia della libertà individuale e collettiva. Nessuno ha il diritto a talpare le ali. In questo sito che mi è stato segnalato ho trovato uno dei tanti modi per condividere le emozioni con gli altri autori e, la lettura dei testi è sempre infinita fonte di piacere. Sposato con Rosanna, due figli Valentina e Marco e.........scrivo. Aprire le porte della nostra mente, approfondire le conoscenze e, cercare di capire, interpretare i pensieri e le speranze è sinonimo di conoscenza, sensibilità e passione. |
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