Una falsa onestà
in questa contemporaneità
dotata di tanta estraneità.
Alimento della distanza.
La parola,
nell’ora che cola assonnata
non scuote la coscienza.
Lascia in dote l’indifferenza.
La voce amica
pungola la drasticità ecumenica
esposta nella teca sacra.
Per noi liberi pensatori
è la vita.
Che cavalcheremo.
Confidando nel simile.
Sottraendo all’ingordo
il boccone del tradimento
perché l’evento sia onesto. | 
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Andare serenamente
tra le comparse terrene
per fuggire alle sofferenze.
Stoltezze.
Tornare per le nostre
e vostre esigenze
per rivelare le parole celate
nel sognare.
Apertamente parlare.
Tracciare le rotte da seguire.
Attraversare gli ostacoli.
Non più croci da addobbare
in questi altari terreni
agghindati da immorali sospiri. | 
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All’imbrunire nel mare increspato
un pesce ha abboccato
all’amo infioccato.
Nelle acque perlacee
danze di onde schiumose
per congiungere i frangenti
alle sfrontate carezze del mare.
Al solitario pescatore
non rimane che lo stupore. | 
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Sul sentiero in salita
si cammina e si fatica,
una festa mattutina
per raggiungere la cima.
Sereno il cielo
colorato dell’azzurro pieno.
Nel coperto del bosco
con il bastone in mano,
un lungo cammino per il santuario.
Ora si vede in tutto il suo splendore
sulla cima del monte
con immenso stupore.
Peccato che il portale sia sprangato
quando con devozione sono arrivato,
mi rendo conto in perfetta armonia
con l’intimo sentore dell’anima mia
che il sancta sanctorum proietta il giorno
nel punto scosceso del mio quotidiano.
Questo è il mio santuario. | 
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Una canzone per rivelare il cuore
di quelle stelle vive
che per me non son altro che
giovani multicolori che camminano.
La bellezza della vita
è la sorpresa dei sorrisi
sui loro visi.
Il desiderio comune
è quello di strade sicure.
Il gesto che unisce
e annulla le differenze
ha il gusto della comprensione
e della speranza
Quando lo sbraitare
diventa un crudele tormento
entrare in gioco diventa importante
per sottrarsi da chi ride di noi
in maniera asfissiante. | 

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Devo sforzarmi di regolare il mio sorriso
per non apparire contento
di questo mio dire
nel silenzio di un punto direzionale.
Il mio tempo è limitato,
disfo l’armadio
e osservo il viso del cielo
con la dolcezza del ricordo
involto nel mantello rosso
onorato di averlo con passione amato
e, sulla piega del tramonto
onoro con rinnovato vigore
un nuovo giorno
e tutte le sue ore. | 

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Mio demone
prigioniero del possesso
pesante come un macigno
mortifichi la carne
con l’opaco dell’animo
e, involto nel sacco
assorbi la dolcezza
e nel tumulto del mio sonno
lasciami libero.
Sarai il mio angelo. | 

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E’ confortante, e a pensar ci invita
questo tempo un tantino corrotto
che sull’orlo del precipizio
ci sta ancora chi ha il fiato rotto.
Lo enuncio in versi
come mi è più congeniale
e, non v’invito a leggerli
sarebbero sacrileghi pensieri
di uno che ama solo scribacchiare.
Al destino non piace sapere
da che parte muove il mio piede,
lascia al caso l’ineluttabile
sempre per quel tanto o poco
che vale.
Del giudizio altrui
ne tengo conto
in maniera misurata,
fregandomene assai
della morale consumata.
Sono un libero pensatore,
religiosamente laico
e, fervente credente
del magnifico creato.
Dell’amore ne gusto il pregio
e, solitario con il sentimento
m’imbarco in un viaggio di non ritorno
con te, amor mio, intorno!
Vivo ancora per giocare
e, non amo barare,
se vinco ne son felice,
se perdo con te,
sempre mi diverto.
Tra noi
soli respiri,
molte volte pure impertinenti
che accendono le passioni, costantemente.
Vogliate voi perdonare
questo scribacchiare
che con la poetica
nulla ha in comune
se non la voglia di esprimere
furtivamente, senza alcun clamore
la mia seconda passione. | 

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Tra le dita intenerite di una madre
attesi e adorati
noi, piccoli pargoli. Ieri
Uomini e donne d’oggi siamo
discosti fra gli occhi dei ricordi,
ammirati dalle parole degli adulti
noi, che piccini siam rimasti
negli affetti, negli amori, nei dolori
sempre miriamo i labirinti inesplorati
per viaggi vietati
e, osiamo;
le sfide per noi
sono integranti ai sogni
tra le allusioni
riversate sulle guance
e, rossori. | 

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La nube si scioglie in pioggia
sui fiori appassiti
e sul far della sera
il silenzio timidamente
veste la sfida della giornata
sulla quotidianità che si apparta.
In attesa, con discreta sintonia
tra il vivere e il soffrire
è un duello giocato sul filo dell’esistenza;
il vincitore non corrompe mai
la dolcezza della giornata;
il perdente: continua la sfida
e nella sua inquietudine
lo si nota sempre
perché si mordicchia le dita. | 

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Non puoi parlare,
sai, al destino non piace sapere
se nel grembo indolente e grondante
esistono segreti o malinconie
solo Dio ha il potere
di infrangere il celato
per evidenziare il creato
e in esso la bellezza e la bruttura,
e ancor di più
a suggellare il patto con
Madre Natura.
Non importa se chi scrive
è considerato un miscredente
oppure e lo scrivo in un modo sfacciato
un povero deficiente,
in fondo cosa è mai la deficienza
se non una nota ardente e scrosciate
delle insolvenze che ghermiscono
tanta povera gente?
Cosa ne pensate voi che onorate
il mio scritto con la vostra attenzione
in barba a tutti, persino alla pregiata redazione. | 

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Nessuna confidenza
neppure riverenza,
critiche, epiteti
e, il consueto mistero che incombe
fortunatamente soccorre le fantasie.
Le mie e di chi le condivide.
Con il rossore della incertezza
propino e propongo il racconto
approfittando dell’incerto
che ha spianato il percorso
e questo non è nient’altro che il dono:
umanità, benevolenza,
inconsapevolezza, dicono,
per mio conto non importa se
tutto questo ha aperto pure
le strade del dolore
sempre in connubio con l’amore. | 

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Nel caso semplice e ordinario
per cui il prezzo per la vita
si paghi con lo straordinario
è preferibile guardare l’orologio
con lo sguardo attento
e sperar che l’orrenda cosa
che sovrasta il destino di nostra vita
attraverso il vestire trasparente
e il fare inconcludente;
risparmiar la voce
essenziale diventa
per chi come il sottoscritto
non ha nessuna idea in testa. | 

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Omicidio, forse è l’abbaglio che confonde le sagome
perché non si veda non si sappia.
e come il colore dell’oro
per accumulare il prestigio del crimine
affinché si concupisca, oppure si offenda.
Del colore dell’’odio e la paura si nasconde
nella insolvenza del se
sobillata dall’arroganza,
esaltata dall’ignoranza.
Omicidio nascosto,
minuscolo;
numerato in un elenco
di brevi storie sommerse
in una selva di utilità
dove si compiace il contrabbando degli affetti
delle necessità, degli onori, delle morali
Omicidio,
portato da mani segrete, indifferenti
su fogli di carta al macero,
banconote. giornali, leggi, sentenze
tra lezzi di sporco, di usato, di riciclo;
e, non puoi parlare,
sappilo, al destino non piace sapere. | 

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Il masochismo genera eroi, il sadismo, carnefici.
L’uno e l’altro distanti dalla consapevolezza e dalla dignità dell’essere vivente.
Quando il sangue depaupera il respiro ecco lo spavento.
Mai colorato, sempre in bianco e nero.
Compassionevole o immaginifico
senza più emulazioni da compiangere
con lacrime che non siano svelate o asperse sul cammino.
Il gioco è aperto:
tra compiacimenti e sortilegi,
in sequenze alternate
con costrizioni e rinunce.
Perversioni senza vizi,
rassegnazioni senza pietà.
Il cilicio ne è il vessillo.
Aculei per la scarnificazione,
paramenti per la denudazione,
si indossa con la vestizione sacrale
conferita all’inutilità,
alla mostruosità che non ha la cognizione
della propria diversità.
Stupefacente.
Annientante.
Sfigurante.
Siamo in una società che ha valicato l’orrido,
agghindata dei superflui,
dell’ipotetico e del commestibile.
Carne umana relazionata alla incongruenza degli oggetti
per una sopravvivenza devastata,
per un piacere senza traccia.
Così in un momento di consapevolezza
affermo che
il cilicio è devastante
e ancor più
superfluo. | 

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Non si sfugge al sempre
così come non ci si nasconde
dietro un paravento
per dimostrare che le paure
sono una costante della vita
con cui bisogna misurarsi
oltre il nostro limite.
Consapevoli che lo scontro
sarà cruento.
Quando non si vuole ammettere
che la disputa fa parte del quotidiano
e, ogni richiamo diventa un pretesto
per un nuovo cimento.
Sarà il flusso di quelle mani irrequiete
che scivolano lungo le increspature
raggrinzite dal passar del tempo.
Permutano l’oblo.
Il passaggio obbligato
verso la deriva
girando d’intorno
senza riconoscimenti
se non quelli dei vinti
che sono morti. | 

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L’onda che invade la costa
della mia terra, fertile al richiamo della natura
si abbellì di vociati colori
incisi sugli sguardi femminili.
I maschi dai volti accecati
si perdono nei capricci
che giungono agli occhi. | 

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La terra accelera il passo
sul nudo asfalto
si disegna il pianto,
Il nostro tempo
vola via con il silenzio.
Urlo una parola
quella che non si piega mai
neppure quando tira un forte vento. | 

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Sentieri oscuri
tra scaglie di nuvoloni addensati,
labirinti ascesi dalle notti;
le direzioni sparse
mai hanno ammainato le angosce
d’un cielo mascherato.
Gli scuri esondano.
Inconsistenza | 

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Li abbiamo vestiti di stracci
quei bambolotti che hanno
i miei anni.
Nei sussurrati segreti
gli abbracci.
Non vergogniamoci se
intrecciamo i sogni ai quotidiani momenti
per immorali desideri.
A dispetto dei benpensanti e dei santi. | 

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La poesia adorna
quel rigirare tra le mani
i grani per recitar rosari.
Bagliori irascibili o benevoli?
Il filo della verità
è nello spazio
dove l’anima trasmigra.
Soppesa le meschinità della morale,
poi, libera e leggera si lascia andare. | 

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Francesco Rossi nato a Sestri Levante il 24/01/1958 Pensionato.
Terminata la scuola dell'obbligo nel 1974 assunto come operaio in una ditta, nel 1976 assunto in Fincantieri dove per 35 anni ho svolto la mia professione di operaio speciallizato. E' in quei anni che si completa la mia formazione culturale con l'impegno politico e nel movimento sindacale dove ho ricoperto vari incarichi senza mai tralasciare il lavoro manuale attivo che credo ho svolto con passione e profitto. Anni duri, sia per la giovine età che per le problematiche legate al mondo del lavoro in continua trasformazione. Scrivere poesie è oggi il mio passatempo preferito, condiviso con la lettura e le scarpinate sui monti. Cultore del libero pensiero in quanto credo che le sensazioni, le emozioni che ogni persona prova non hanno confini ma, spaziano nella magia della libertà individuale e collettiva. Nessuno ha il diritto a talpare le ali. In questo sito che mi è stato segnalato ho trovato uno dei tanti modi per condividere le emozioni con gli altri autori e, la lettura dei testi è sempre infinita fonte di piacere. Sposato con Rosanna, due figli Valentina e Marco e.........scrivo. Aprire le porte della nostra mente, approfondire le conoscenze e, cercare di capire, interpretare i pensieri e le speranze è sinonimo di conoscenza, sensibilità e passione. |
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