Mi riparai sotto l’ ombra di un fungo cresciuto sotto la terra del bosco fino a raggiungere il fuori con un l’ ombrello ritto e statico, ne il vento impetuoso e nemmeno la pioggia lo piegava, proteggeva bene il suo corpo tra terra e cielo. Mi riparai in una notte di pioggia in un brutto sogno dove la visione dell’ ignoto mi riportava indietro nel tempo quando da bambino precipitavo senza mai toccare il fondo, avevo un buco nell’ anima che mai finiva … Ogni mattina mi risvegliato bagnato dalla paura, quale, si materializzava in una pipì notturna che bagnava le mie mutante e il mio pigiama, il tutto si ripeteva in continuazione ogni notte, finché, una notte un’ aquila nel sogno si mangiò il serpente portandolo alto nel cielo tra le frastagliate rocce di pietra, depositandolo nel nido dei suoi aquilotti appena nati.

La mattina seguente mi risvegliai asciutto come è la polvere del borotalco, niente pipì, tutto asciutto come la sabbia del deserto, mutante e pigiama; gridai al miracolo. Per le successive notti niente bagnano, ero cresciuto in una sola notte.

La notte insieme al sogno è riparatrice, cuce, rimargina ogni ferita!

Quando l’ anima sparisce.

Succede ...

Indossi il vestito scolorato.

Le scarpe senza suola.

Porti a spasso il tuo corpocon il calzino bucato.

Non sei quello che pensi,

e nemmeno quello che sei.

Non ci sei.

Non vedi.

Non senti.

Viaggi tra buchi di pensieri,

ti aggrappi a ragnatele volantie e al filo spinato.

In attesa resti del suo ritorno.

Sventoli la bandiera bianca della resa.

Nel frattempo, stanca,

l’ anima riposa,

ripara.