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Dalla terrazza del piano superiore della casa, Kate osservava il sole che, a poco a poco, lasciava il posto alla notte, rivelando un orizzonte cupo che inghiottiva le ultime sfumature del giorno. Per lei, i giorni erano tutti uguali, non cambiavano; nemmeno l’ aria rarefatta che ogni giorno si faceva più pesante, densa e soffocante.
Quando calava la notte, per le strade non si vedeva anima viva. Nessuno usciva più, perché i padroni erano altri, e l’ oscurità portava con sé la paura. Nessuno chiamava più la polizia. Si diceva pubblicamente che le loro pattuglie spesso accompagnavano le bande armate nei furti e nei sequestri lampo che quotidianamente avvenivano in tutto il paese. Kate ne era convinta; l’ aveva vissuto sulla propria pelle. Non dimenticava la sensazione del freddo metallo di una pistola alla tempia in un salone di bellezza dove era andata con un’ amica, e alla quale rubarono l’ auto. Né dimenticava le mani di un malvivente al collo per strapparle una catenina, e il sequestro che aveva subito in casa propria insieme alla madre, due delle sorelle e il nipotino. Rimase traumatizzata, con la paura persino di uscire da sola; ogni ombra era una minaccia. Udì un suono lontano, come uno sparo. Si allontanò dalla terrazza per precauzione, pensando al bambino che era stato ucciso da un proiettile vagante, entrato dalla finestra della sua cameretta."Povero paese!", pensò, mentre un nodo di disperazione le si formava nello stomaco. Non riconosceva più quella terra che un tempo era stata sua, piena di vita e sorrisi, ora era una tela di paura e sfiducia. Scese le scale fino al piano terra e, come ogni sera, cominciò a percorrere la casa, controllando ogni stanza e pulendo qualche mobile. Sembrava un’ anima in pena in quella casa solitaria, muovendosi in un silenzio tombale che solo lo scricchiolio del legno interrompeva. La sua salute si era deteriorata, e da tempo, per problemi economici, non aveva fatto i dovuti controlli medici. Ultimamente soffriva persino d’ insonnia. Sentì caldo e andò verso il frigorifero, riempì un bicchiere d’ acqua ghiacciata e, assetata, lo bevve. Ogni tipo di pensiero le affollava la mente; passato e presente si fondevano in un groviglio doloroso. Si interrogava su tante cose, ma non poteva più fare nulla per cambiare gli eventi. Trascinò una sedia e si sedette alla scrivania tentando di scrivere… nulla, era vuota, non riusciva a scrivere niente. Si alzò irrequieta dalla sedia e si affacciò a una delle finestre, ma l’ alto muro di protezione che circondava la casa le impediva di vedere la strada. Si sentiva come una prigioniera, intrappolata nella sua stessa fortezza. Era da tanto che non usciva, e questo non aveva nulla a che fare con la pandemia. Guardò l’ ora sull’ orologio; stavano per essere le cinque del mattino. Andò in camera sua, prese dei vestiti puliti dall’ armadio e si diresse verso il bagno. Fece una doccia calda e poi si mise a letto con il telefono in mano e cominciò a curiosare sui social e a leggere le notizie del giorno sui quotidiani online. Ore dopo, alzò lo sguardo dal telefono e guardò l’ orologio; erano le otto del mattino. Posò il telefono sul comodino, si aggiustò il cuscino ed entrò in un sonno inquieto. Quando si svegliò erano le due del pomeriggio. Rimase un po’ a osservare il soffitto mentre migliaia di pensieri le affollavano la mente, si stiracchiò e poi si sedette con le mani appoggiate sul materasso. Un peso insopportabile la teneva ancorata; non le andava di alzarsi. Non aveva lavoro e nemmeno la minima speranza di trovarlo, né tantomeno un mezzo per avviare qualcosa. Le svalutazioni che la moneta aveva subito in questi 25 anni da parte del governo, che le avevano tolto quattordici zeri, avevano azzerato tutti i soldi che aveva messo da parte in banca, lasciandola senza nulla per il futuro. Per questo, una lacrima le scivolò sulla guancia…" "Un altro giorno uguale a tutti i precedenti, dove non vedrò nessuno e dove nessuno chiederà di me", pensò Kate con tristezza. Guardò verso il comodino e tirò fuori un quaderno che teneva nel cassetto; cominciò a scrivere: "Che diversi erano gli anni passati. Sì, che diversi eravamo, ma una malsana ideologia ci ha cambiati. Ora sembriamo fantasmi sconosciuti, opachi e solitari in un paese in decadenza." | 
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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I fatti ed i personaggi narrati in questa opera sono frutto di fantasia e non hanno alcuna relazione con persone o fatti reali.
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