Sono settimane che cerco di scrivere, di dirti questo che mi preme dentro. I miei umori danzano, onde furiose di un mare in tempesta. Tentano di scaricare la furia di un uragano, un vento cieco che spezza ogni cosa al suo passaggio. Ma come negarlo?
Palpiti in me. Un ritmo accelerato, un tamburo impazzito che non trova pace. Rimpiango il tuo sguardo. Un faro nella mia notte, luce pura che squarcia l’oscurità. Rimpiango le tue confessioni sussurrate, fragili incertezze che risvegliano in me una dolce compassione. Rimpiango il nostro incontro. Vivo, nitido nella memoria, come un sogno senza fine. Quel sogno evocato da te, che mi invitava nel tuo mondo. Un universo immaginario e, al contempo, così profondamente reale. Ricordo ogni singolo istante. Vivo, qui. Come se fosse oggi.
Mani unite, non abbiamo tracciato sentieri battuti. Ho vissuto ogni tua illusione, facendola mia, sentendola vibrare nel profondo. Hai permesso che la solitudine, compagna silenziosa delle mie giornate, si arrendesse nel tuo terreno fertile. Lì, il mio cuore triste e timido è morto. Ma dalle sue ceneri è rinato uno spirito nuovo, un’esplosione di colori. Ti penso ogni mattina, appena gli occhi si aprono al nuovo giorno. Mi guardo allo specchio. Ma oltre il mio riflesso, scorgo il tuo. I tuoi occhi scrutano i miei, indagano ogni angolo, quasi a cercare la donna che un giorno hai chiamato al tuo fianco.
Osservo il tuo riflesso. Ti vedo sorseggiare il tuo caffè mattutino, il vapore che ti accarezza il viso. Ti vedo camminare per strade che un tempo sognavamo di percorrere insieme. Resto immobile, spettatrice silenziosa di ogni tuo gesto. Le braccia mi vibrano di un oceano di felicità, un’onda incontenibile che straripa da ogni poro della mia pelle. E un desiderio mi assale: perdermi nel calore avvolgente del tuo abbraccio. Chiudo gli occhi. Un’unica speranza: udire la tua voce. Una carezza sonora che mi sussurri che non tutto è svanito in un sogno. Senza chiederti nulla, il rimpianto mi stringe il cuore.
Oggi, il silenzio urla più forte del vento. Lascia dietro di sé un vuoto tagliente, schegge di specchi rotti del passato. La dolcezza non trova un varco, non riesce a inebriarsi dei ricordi, senza il pungolo di un rimpianto. La speranza vaga smarrita, senza appigli, senza dettagli che richiamino le promesse di un tempo. L’agitazione è una trottola impazzita, che gira giorno dopo giorno, ad ogni silenzioso minuto. E il tempo, ancora una volta, mi ricorda una verità amara: non ci sono più attese. Le braccia non sanno più a chi tendersi. Sospetti che la vita abbia imboccato un sentiero senza ritorno. Che amare significhi dipendere, e non vuoi più sentirti intrappolato nelle spire di delusioni che tormentano il tuo spirito sensibile.
Quante volte ti ho aspettato su quella strada. Camminando sola, il passo incerto. Quante volte mi sono voltata di scatto, il cuore in gola, credendo di scorgere la tua figura all’orizzonte. Resto lì. Gli occhi persi nel vento. Un vento inclemente che mi scompiglia i capelli e mi gela la pelle, trasformandola in una massa rigida, insensibile anche al tocco più delicato.
Afferro un libro. Un tentativo di riprendere una lettura interrotta, sospesa nel tempo. Impossibile! Le parole danzano confuse sulla pagina, diventano geroglifici incomprensibili alla ragione. Non posso proseguire su questa via. Un sentiero dove crescono solo edere rampicanti, che soffocano ogni spiraglio di luce. Cerco una via d’uscita. Ma la tristezza rompe la fragile tregua. Si lancia nel vento, leggera e fragile come foglie secche, spazzando via ogni residuo di serenità. Non resta che un vuoto arido, senza eco, senza ragione. E un dubbio si insinua nella mente. Lo scricchiolio del tuo tocco... fu davvero reale?