A volte il viaggio mi rinfranca le stanche ali:
ho respirato tante volte il sapore del sale
tra le onde profonde del Mediterraneo,
ne ho risalito le correnti verso Nord,
sono venuto a trovarti, tra le colline di Tissi
- tu mi stavi aspettando -
Eri con i tuoi abiti fatti di nuvole azzurre e bianche
ed il tuo sorriso sdrucciolo che non conosco,
hai preso per mano la mia grigia ala ferita,
come madre, la tua anima l'ha bendata stretta,
come d'un falco colpito in volo, d'improvviso,
mentre respirava libero l'alba delle resine dei pini, in primavera
Mi hai ospitato tra i tetti verdi delle tue colline,
imbandite come l'orlo del tuo sofà in tessuto a coste,
hai saziato il mio corpo, smagrito dal viaggio
e mi hai donato piccoli chicchi di pane per il ritorno
- mentre Cassandra, incredula, scrutava il cielo, all'uscio della grande finestra verso valle - |
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Zina non conosceva il colore del mare,
coi suoi quindici anni ed una valigia vuota
s'incamminava scalza lungo la polverosa strada di paese che portava al mare.
Nessun amico, nessun perdono,
quegli occhi azzurri d'un azzurro mare
sconfitti e spenti guardavano ormai solo il silenzioso vuoto della sua anima.
Zina, coi suoi quindici anni,
con quello strano trucco sulla sua faccia da bambina,
troppo evidente da cancellare,
troppo profondo da poter dimenticare.
Zina, coi suoi quindici anni,
con una mamma sola e sei fratelli da dover sfamare
in quell'Agosto afoso di paese del Sud
dove la povertà è vergogna
e la disperazione ti fa vendere il corpo uccidendoti l'anima.
Zina non conosceva il colore del mare,
a piedi scalzi raggiunse la scogliera e,
stanca, chiuse gli occhi per un istante,
mentre l'azzurro dei suoi occhi s'unì all'azzurro profondo del mare. |
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Amarilli è il tuo nome,
bocciolo di rosa, docile biancospino,
rondine che fa sempre, puntualmente, primavera.
Sono i tuoi sguardi, Amarilli...
sono i tuoi sguardi, acerbi,
che profumano di papaveri
e rosse margherite bagnate dalla pioggia
d’inizio autunno,
mentre i tuoi occhi scolpiscono gli orli dei fiori di mandarino.
Dolce sei, Amarilli,
come la linea, morbida, delle tue sopracciglia
che placida si distende sui tramonti.
Ma, Amarilli, ma
nonostante tutto quello che
separa i tuoi viaggi
tra le nuvole azzurre ed i mari d’Irlanda,
sai essere perfetta, scandendo l’amore delle lettere,
mentre offri in dono il tuo sorriso indifeso, innocente
come il sapore rosa tenue delle tua labbra
su scarabocchi neri di poesie. |
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Il cuore suonava un valzer nella notte,
tre ninnananna udìi nel profondo dei suoi respiri.
La sinfonia delle sue note sprofondavano
tra cuscini bianchi imbambolati:
odorava di fresco e di rugiada la curva morbida dei suoi pensieri,
a me inaccessibili.
Non osai,
pensai,
ripensai,
riflettei a lungo,
nell’ attesa di un suo improbabile risveglio.
M’addormentai, sedato dalle mie illusioni. |
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Piovevano lacrime di ghiaccio
nell’aprile dell’ottantasette
e la timida primavera nascondeva le rondini
tramortite da quell’assurda persistenza (fatta di neve).
Era il tripudio delle strane circostanze, di noi
che neanche ci conoscevamo poi
che attendemmo mai
sapendo poi
quell’inutile così prossima estate
che seppelliva le illusioni di chi
un po’ già moriva su quelle fragili lettere
che non avresti letto - sai? -
così lontane
che quasi non le ricordo più, ormai. |
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Seppure l’amore, sì l’amore!
potrebbe avere ottime ragioni per illuminare le stelle
- Ishtar non troverebbe su questo nulla da ridire -
ed il faro della luna potrebbe scandire
l’arco asintotico dei nostri battiti dipinti sul blu
io,
chiederei alla stella del mattino se crede
che l’orizzonte curvi veramente quando viene deflesso
o se, piuttosto, sei tu che rendi parallele le onde del mare
che scandiscono l’amore dei tuoi occhi neri, o d’altro colore (non ricordo bene)
sulle lenzuola ed i cuscini bianchi
che stendi al Sole a primavera.
E poi, quando mi guardi,
- l’orma degli zigomi snocciolano luci e viole -
vengono fuori incanti,
e fiori e tulipani e lucciole e nocciole,
che fanno dimenticare la pioggia che cade, come la pioggia di marzo che cade, fitta, a mezzanotte. |
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