Le carezzo il capino biondo,
la rassereno additandole il mondo variopinto e ingarbugliato.
Le mie braccia divengono per lei,
delicata, fragile fogliolina,
salvagente di vita.
Allontano, con fiabe nuove,
fantasmi e megere
dal suo lieve cuore inquieto.
E poi le annodo un aquilone ai polsi
affinché possa volare
ogni volta che lo vorrà,
così che potrà diventarle familiare
il sorriso del Sole.
Dipingo ogni suo giorno con fantastici colori
e le mostro le piccole ali nascoste
fra i suoi innocenti pensieri.
La lascio specchiare nel mare
per farle scoprire che i suoi occhi sono lì,
nelle onde incostanti
e che sfuggono alla logica del tempo.
E ogni suo sguardo implorante
lo trasformo in conquista.
Rendo gioiosa quell'Io bambina
che, ancora troppo spesso
odo piangere disperata
nelle notti senza luna,
oltre le soglie del tempo. |
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Sei di seta
sei di pioggia,
una brezza impalpabile,
invisibile sei. |
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sfogliami lentamente
fra le nuvole rinverrai
i miei deliri infranti
avvolgimi
nel sole c'è tutto l'amore
che so dare
trattienimi
sono foglia che trema
e il vento può condurmi lontano
quei cocci per terra
sono i miei ieri
profumano d'incenso
nella sfera di cristallo
scorgo un'alba trasparente
fra mille notti buie
nella risacca si sosta per poco
sono onda che esplora
abissi sconosciuti
riemergerò per confondermi
all'orizzonte col cielo radente
perdermi e ritrovarmi
il mio cammino |
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Vola lieve e impalpabile
la mia tenue, inafferrabile speranza.
E’ un soffio disperso nel vento,
un alito di luce
che svanisce
come l’alba ingoiata dal sole.
La mia speranza è una farfalla
sola e stanca
fra deserti prosciugati
e pietre di sale
venute giù
da voragini di fiele. |
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Non stupirti
se con tendini d'acciaio
mi vedrai
-effigie notturna-
chinata
sotto massi di rimpianto,
ai piedi ruote vellutate
sorde al timone,
governato per caso
da un angelo distratto,
mutare la rotta.
Non stupirti
se al posto
di occhi di ghiaccio,
prosciugati
da uno zefiro leggero,
vedrai crepuscoli abbozzati
e petali a tracciare
il percorso
e ragnatele dorate
sul fiato perduto.
Non stupirti
se con ali di cristallo
mi vedrai osare
fin nelle rade più esposte
-scirocco propizio
ridesta progetti
madidi d'attesa-
e scalar vette
sfociate nel cielo
-vagiti sfocati-
contare concentrici anelli
sul mare nebbioso,
stagioni passate,
gabbiani in volo. |
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Sorreggo i miei pensieri
in un precipitare lento
fra abissi di dispersione.
Ma questa volta non chiamo soccorso
e aggrappata al fuscello del mio Coraggio,
sperando divenga un giorno
robusto tronco,
resisto al vento
che spira dal mio profondo
mentre raccatto i cocci che,
sciocchi, cascano
e li riattacco uno ad uno
mentre vedo altri volar via sconfitti.
Ardua impresa, ma questa volta
non perderò barcollando il suolo.
Intanto, serrato nel palmo
prezioso vessillo di vittoria che attendo
di imporre alle stolte intemperie,
mostro al tempo chi cade,
rialzarsi
e lottare per non ricadere;
qualcuno costruire,
finalmente, su solida roccia,
un riparo sicuro per cui non solo resistere
ma addirittura accogliere;
uno specchio segreto
che scorre orgogli e vanità
che frantuma e soffia via,
per sostituirli con arbusti senza fiori,
ma autentici.
E quando giungerò un giorno
a scalare la mia roccia
che ormai non potrà più respingermi,
sventolerò il mio vessillo
che brillerà nel Sole,
mentre zefiri ormai stanchi sgonfieranno
gote paonazze in un rantolo d'estinzione.
Possa anche essere l'ultimo dei miei giorni,
sarò limpida e serena
perché mi sarò congedata
da fiera guerriera. |
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non udivi
friggere la mia noia
fra i salici piangenti della mia camera solitaria
e strangolare capre nel giardino degli gnomi
non mi vedevi
saltare sui lampadari
e suonare arpe d'argilla
senza angeli in prima fila
e urlare al vento
senza fiato e senza coraggio
non mi udivi
parlare strani idiomi
e inventare lingue nuove
cantando al contrario
senza note
per non stonare
non mi vedevi
affondare nuda nell'acquario
e navigare le stelle sulla mia pelle di luna
spogliando la mia sete di scoperte naufragate
in arrembaggi senza vita
non mi udivi
contare una ad una
le mie lacrime di pioggia
riparate nel mio sguardo muto
trasparenza disarmante nelle mie notti bianche
senza luce a mani vuote
non mi vedevi
urlare e capovolgermi
sbattendomi e dimenandomi
fra lenzuola vuote
fredda seta per svanire
in sentieri senza voce
il telefono rotto
la minestra fredda
le pareti di carta
non mi udivi
del colore dell'aria la mia pelle
in cerca di un tuo sguardo alla finestra |
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sono goccia
che nasce
da liquido distacco
che discende nel vento
e muore ingoiando
un mare immenso
sono goccia
che sparisce
nell'aria nebbiosa
e s'inoltra
nell'humus selvaggio
sono radice di foglia
e polline
per ape operosa
sono miele di faggio
sono goccia che disseta
e aria che mi manca
sono sete perenne
e acqua mai stanca |
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Vorrei essere
un umile fiore di campo
che nasce dal sole
che gioca col vento
che vive ondeggiando
fra prati di viole
che colora il mondo
coi suoi rosei contorni
che sparge nell’aria
vita e sapore
Vorrei essere
un semplice fiore di campo
che nutre accogliente
api occupate a mutare
in dolce miele di maggio
pollini amari
che si sfoglia leggero
e si congeda dal mondo
donando al tramonto
nuovi germogli |
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Densa nera nebbia
Ti insinui nel cuore
Invadente intrusa
Ottenebri i pensieri
Rapisci i sorrisi
Atrofizzi le membra
Volgi gli occhi al pianto
Erba funesta
Nata in una tetra notte di strazio
Confondi i sentimenti
Fredda scheletrica muta
Risucchi la vita
Perfida e insidiosa
Di troppi nemica |
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Oltre i limiti del finito, oltre giorni preordinati, oltre orizzonti delimitati, c’è uno spazio sconfinato dove navigo alla ricerca di un senso che so già non troverò mai e il bello è proprio questo: è una ricerca senza fine, meravigliosa, che mi disancora da tutto e mi fa sentire libera e infinita.
La mia sostanza è di niente, la mia percezione amplificata, la mia sete si chiama incognita.
Albergano in me pensieri di acqua e di fuoco: pirandelliana follia, misteriosa incompiutezza, bellezza e stupore. Mi nutro anche di estetica: è un gradino privilegiato verso l’Assoluto.
Pago il fio vivendo e cerco di farlo al meglio, ma sto in piedi fantasticando.
Splendori arabo- normanni sono stati la mia culla, la filosofia il mio interesse principale, che mi ha portato a conseguire la laurea in tale disciplina.
Amo l’arte in genere, il surrealismo in particolare.
Mi definisco un animale invernale: adoro la neve, il freddo, il nord- Europa.
Mi piacciono i gatti, con i quali mi identifico parecchio, e il mare é da sempre lo specchio dove vedo riflessi i miei mille aspetti, in continua evoluzione.
Il mio Autore più amato è Luigi Pirandello, di cui ho fatto mia la filosofia: siamo magma in continua trasformazione e la cristallizzazione all’interno di una forma, come la società impone, ci fa lentamente morire e l’unica via di fuga e salvezza che rimane, é la follia.
Scrivo da quando ero bambina, poco importa come, ma é la mia più grande ed appagante valvola di sfogo, oltre che una straordinaria e vitale evasione. |
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