Eran dosi da gran pianista, un pò quà e un pò là
senza assaggiar e pesar nulla, ad occhio
 zucchero, sale, olio e farina, la caverna della sapienza
 avea le corde giuste,con pochi alimenti. venivan giù 
 pietanze da grandi shef
 ceci, fave, lenticchie e piselli che goduria
 la lavanda del basilico e del gelsomino che piacere 
 impastava, sbucciava, friggeva, 
cuoceva tutto il giorno e la
domenica di buon mattino,
già il pentolone del buon ragù 
 era pronto,e la fetta di pane inzuppata
 faceva già
 il suo tuffo dentro quel rossiccio liquido
 che acquolina in bocca a ripensarmi,
 vien davanti la mano scarna della mia cara nonna
 lei sempre imbacuccata, scialle di lana e il suo abitino sgualcito da anni
 color nero, perché vedova da molti anni
 al sud il nero è perenne
 io unica ancor nipotina viziata e coccolata
 me ne stavo sempre attaccata alle sue vesti.
 la merenda pane e zucchero o uovo fresco a zabaione
 dalla sue amate galline e nel guscio mettea la marsala 
 frittatine, pesci,broccoli e spinaci
 si celebravano con lei le stagioni
 zuppe, patate e cipolle in autunno
 pomodori, melanzane con zucchine in estate
 guardo or la realtà, 
per coglier l’ attimo fuggente è sparito
 su un piatto già ben preparato 
 per portarlo a casa
 senza affanni, di misurar, dosi e sporcar pentole
 confezionato a dovere, per chi non ha più tempo
 dovè il profumo che si espandeva per tutta casa
 anche per giorni, penetrava nei vestiti e sulla pelle 
 ereditata dagli avi da madre a figlia
 e a nipoti 
 un brontolio allo stomaco,dove sei nonna Saridda
 Grazie dei tuoi consigli, che ho saputo tener nel cuore
 e nel mio D. N. A.