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        | Pioggia sui tetti aguzzi,Vento che ulula odi,
 Invocano a esodi
 Infiniti il mio pensar
 
 Sordi e funesti scrósci
 Su la terra sfolgoranti
 Fan lungi nel ciel lampanti
 La mia mente elettrizzar
 
 Dai densi vetri lo spirto
 Va cavalcando il vento
 Nel ciel d'un tetro argento
 Che il mondo ei vuol domar
 
 Ma certe ombre ombrose
 Celate in ne la bruma
 Ove sguardo si frantuma
 Fan l'ardore sfumeggiar
 
 E piange come il cielo
 Quando tutto par velato
 Il segreto mai svelato
 Di nostra oh Vita mortar;
 
 Batte forte il mio cuore
 Quando l'ultimo sole
 Orizzonte cupo duole
 E L'ombra fa rischiarar
 
 Vien la quiete dopo la
 tempesta, il sol ridente,
 con quel suo calor caliente
 dolci brividi, fa provar.
 
 E le acquee argentee
 imitando quella luce
 che il ciel nel dì conduce,
 or il sol fan rispecchiar.
 
 E alcun pensier mi sovvien
 se miro l'orizzonte,
 Or non è più quella fonte
 del tanto duro rimestar
 
 Finita è la tempesta,
 finita è la mia guerra,
 e torno a quella terra,
 che tanto ha di familiar.
 
 Ma da uomo e per l'uomo
 ancora bramo qualcosa
 in Quest'ora tediosa
 Io rimpiango lo sciagurar
 
 Una nostalgia ardente
 mi rimembra e mi strugge,
 è la voce che mi rugge
 di ritornar a risognar
 
 È sì brusca la natura!
 Che queste mie pensierose
 Parole, come le rose,
 Si disfano al tempestar
 
 Che quasi io spaurisco
 Quando tutto par finito
 E ben oltre l'infinito
 Va correndo il mio pensar!
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    |  |  Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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