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Si piega il giunco
sotto la forte spinta
dell’acqua tumultuosa:
ma non perde la grinta
e tosto si raddrizza
pur se un po’ vacillante
sopportando la piena
del fiume straripante:
e se l’onda è più forte
da trascinare i sassi
soffocando il disagio
si piega ad ogni istante:
e attende con pazienza
chinandosi di lato
dando all’acqua l’accesso
nel campo già allagato.
Si piega il mendicante
mentre passa la gente
e chiede ad essa umilmente
con lo sguardo implorante
che sia soddisfacente
l’obolo confortante:
e chiede continuamente
pur se appare scocciante
il suo modo insistente
di disturbare il passante.
Si piega il malvivente
quando viene acciuffato:
seppure ancora furente
per l’errore che ha fatto
d’essere stato imprudente
con l’amico fidato.
Ora soffre paziente
finche sarà giudicato:
è rassegnato e dolente
da quando è carcerato:
e si chiede sovente
quanto tempo è passato
che l’amico incosciente
l’ha vilmente fregato:
e si strugge impotente
perché l’han condannato.
Si piega il mite bove
accostandosi al giogo
per aggiogarsi in coppia:
quando il lavoro è greve
lentamente si muove
e la fatica è doppia
nel tempo di raccolta
frantumando la stoppia.
Oppure quando piove
a dissodare i campi
o a faticare altrove:
ma tollerante è l’occhio
limpido come specchio
e paziente è l’orecchio
quando da lo strattone
la cavezza di cuoio:
poi, si sazia, sornione
sulla ricolma greppia
o ruminando, in ginocchio
dentro la stalla vecchia.
Si piega al proprio destino
l’uomo che ancora crede
nel mistero Divino:
ma in questi non s’arrende
quell’amore fervente
che stima e che difende:
si piega solo alla forza
della potenza vana
ma coraggio riprende
quando la mente evade
da quello stato crudele:
e in lontananza vede
la fiammella che accende
quel filo di speranza
e luminosa risplende
la sua luce fedele.
Si piega serenamente
verso nostro Signore
tutta l’anima mia:
e mi colma di gioia
quando sull’imbrunire
da una torre lontana
scocca l’Ave Maria:
gioisco pienamente
udendo la campana
col suo lieto richiamo
che rilassa la mente
come una poesia. | |
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