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Sirena! Quanto m'inebria il tuo canto,
quanto l'accento che mòvi sull'Egeo
m'empie lo spirto di gaudio; e d'incanto
dolcemente m'illumino e mi beo.
Forse da codeste spume divine
la voce tua che sento anco rammenta
le gesta eroiche, l'azioni ferine,
l'Ellade immensa che forte diventa.
Forse il tuo spiro accompagna la lira,
la cetra dell'orfica mia gioventù;
e va animando il desio che sospira
del core mio, cor mesto che non sa più
- né vòle ancora sapere – sperare,
attendere un altro dì per amare.
Tanto infatti attesi. Cotanto sognai.
Passarono mesi. Passarono anni.
Volsi il guardo al Cielo; e al Cielo pregai.
Ma da questa Vita ebbi solo danni,
ebbi l'effimera e trista illusione
di poter stringer l'amata fanciulla.
Ahimè, mia Sirena! Fu delusione.
Strinsi qualcosa: l'impronta del Nulla.
Vorrei affogare con te, lì... nell'acque;
e posar il volto sul dolce tuo seno
del corpo che ignudo più volte giacque
nel maraviglioso e dolce veleno
del mito mellifluo di qualche poeta,
giammai nella mia coscienza irrequieta! | 
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