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        | D’in sulla vetta del varcato monte riguardo il tratto dove i passi stanchi
 impressero le loro ultime orme;
 il nevaio irrequieto, le roccette
 umide e sdrucciole e poi più in basso
 l’ampio curvone che tra prati e mughi
 piega il sentiero e lo innalza al cielo.
 Un senso di pace profonda invade
 tutte le membra e il cuore e la ragione:
 siedo in silenzio sopra un masso rosa
 di granito e mi chiedo quale forza
 immane abbia divelto alla parete
 terminale un lacerto così vasto
 della sua essenza petrigna. Accarezzo
 la roccia e il protogino in me scatena
 sensazioni già note eppure sempre
 nuove; desiderio di possedere
 il granito sincero che mai al piede
 tradì la presa. che la mano mia
 mai respinse lubrico ma che schietto
 talvolta nella stretta o la pressione
 per procedere la pelle lacerò.
 Sempre nella memoria mi sarai
 granito della valle dei miei sogni,
 roccia che attinge le più grandi altezze,
 protogino che formi il più maestoso
 dei monti le cui vie sono serbate
 a quelli che in segreto hanno deciso
 di donarti la vita, ove ciò occorra.
 Riguardo il fondovalle dove amici
 e parenti siedono a mensa avanti
 la baita donde mossi e mi sento
 così leggero che il percorso fatto
 sembra avermi svuotato da ogni traccia
 di sorda umanità. Mangio il mio pasto:
 pane, lardo, miele e due fichi secchi.
 Poi m’appresto a discendere; è finita
 l’escursione ma il mio spirito sente
 che ben altro è finito. Addio, montagna.
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        | Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore. La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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