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Che beléza e che pace su sto monte
fra i fumenti dei calivi dela rosta
mentre el jorno el se fa avanti sule ponte
e ‘l scavezza do sul drito de Picosta
Bulo el sole, el se spartìse la matina
co’ na note da romai senza diriti
che se ‘ncucia lì, al de sora de Scalzìna
par no disturbarghe el canto a‘i uselìti
Che beleza te sta vale de bonòra
spenelàrghe coi pensieri la memoria
e na vaca che ghe rumega par sora
man a man che ghe passa su la storia
Che tristezza te sta vale de viandanti
che suava fora puldi dai calzìti
che partiva co scarséle vode e Santi
par tornar magari ‘ncora più porìti
Na valisa su le spale ancora strete
on cavalo, on caro, on treno da cargàr
le fameje t’el scarselin dele jachéte
da vardarse dopo zena e da basar
Che tristeza restar qua a mirar sta vale
a pensarse a quanta struma s’a patì
me dimando sto tesoro quanto el vale
se a bramarlo sono restà solo che mi
Questa Valle
Che bellezza e che pace su questo alpeggio
Fra le nebbioline che evaporano dal ruscello
Mentre il giorno si fa avanti in punta di piedi
E si tuffa a capofitto dalla collina (Picosta)
spavaldo il sole si divide il mattino
Con una notte oramai senza diritti
Che si accuccia la, al di sopra del monte
Per non disturbare il canto agli uccellini.
Che bellezza contemplare questa valle di buonora
E spennellarne con i pensieri la sua memoria
e una mucca ci rumina sopra
mano a mano che la storia la percorre
Che tristezza in questa valle di viandanti
Che sudavano pulci dai calzini
Che partivano con tasche vuote e stampe sacre
Per tornare magari ancora più poveri:
Una valigia sulle spalle ancora acerbe
Un cavallo, un carro, un treno da prendere
Le famiglie nel taschino delle giacche
Da guardarsi dopo cena e da baciare
Che tristezza essere qui a guardare questa valle
A pensare a quanti sacrifici sono stati patiti
E mi chiedo, questo tesoro quanto può valere
Se sono rimasto solamente io a goderne |
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