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Precipito nel vuoto d'abisso,
un vortice mi svuota la testa,
ogni leggerezza si fa pesante
e come masso rotolo nel buio torpore.
Ricordi di un mondo felice,
senza trappole di carne,
senza limiti amari,
libero d'immenso cielo lucente,
sono ormai fantasmi erranti
negli oscuri meandri del mio cuore.
Ed ora che m'appresto
ad iniziar nuova vita,
tra angosce e sgomento,
lamenti e ferite,
paura ho di soffrire,
di smarrire la mia illimitatezza. |  | 
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Questa poesia è pubblicata sotto una Licenza Creative Commons: è possibile riprodurla, distribuirla, rappresentarla o recitarla in pubblico, a condizione che non venga modificata od in alcun modo alterata, che venga sempre data l'attribuzione all'autore/autrice, e che non vi sia alcuno scopo commerciale.
«Il testo si riferisce al momento in cui, finito il periodo di soggiorno nell'al di là, dopo la morte, ci si appresta a rinascere in una nuova vita. In questo caso l'al di là è stato il paradiso, che non è eterno, secondo gli orientali. Finito il credito si deve tornare a fare esperienze nella vita mortale, sulla terra. Solo quando si diventerà tutt'uno con l'Infinito, solo allora si cesserà di soffrire, non ci si incarnerà più e si vivrà per sempre beati, uno con Dio che è la nostra vera natura. Avuto un assaggio dell'Illimitato si ha paura di perderlo nel tornare sulla terra...» |
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