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        | Vulesse arvidè a luccicà, chill'ucchie atu d'amore
 pure pi nu mumente sole.
 Vulesse arsintì lu tocche
 di la man'atu, su quell'amì
 come quande mi dicije "Scj...".
 Vulesse farte tutte quelle
 ca n'ti so fatte
 e dirte tutte quelle
 ca n'ti so dette.
 Vulesse ca llu faggione lucente,
 come nu rasure tajente,
 nghi llu soffie jlate,
 n'avesse mai passate.
 Vulesse viderte quà dentre,
 belle ancore come sempre
 e strignerte a lu core
 pi na vote ancore.
 Vulesse ca ssu fredde
 ca m'acchiappe nmbette,
 di botte si squajesse tutt'assieme
 e la mancanz'atu tutte na scene;
 ma ni jè lu vere,
 j ti tineje pi mane
 fin'a jere
 e mò nin ci sti chiù,
 picché, picché propri tu.
 
 Vorrei rivedere a luccicare,
 quegli occhi tuoi d'amore
 pure per un momento solo.
 Vorrei risentire il tocco
 della mano tua su quella mia
 come quando mi dicevi "SI...".
 Vorrei farti tutto quello
 che non ti ho fatto
 e dirti tutto quello
 che non ti ho detto.
 Vorrei che quella grande falce luccicante (la morte),
 come un rasoio tagliente,
 con quel soffio gelato,
 non fosse mai passata
 Vorrei vederti quà dentro,
 bella ancora come sempre
 stringerti al cuore
 per una volta ancora.
 Vorrei che questo freddo
 che mi prende nel petto,
 di botto si liquefacesse tutto in un colpo
 e la mancanza tua tutta una finzione;
 ma non è vero,
 io ti tenevo per mano
 fino a ieri
 ed adesso non ci sei più,
 perché, perché proprio tu.
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    |  |  Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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