La sira de l'ultim de l'an (con scuse al dialetto bosino) di Adriano Lungosini (Dialettali)

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La sira de l'ultim de l'an (con scuse al dialetto bosino)

Dialettali

L'è la sira de l'ultim de l'an
mi sun scià da par mi cuma un can
a l'è inutil andà in gir sta sira
cuma un barbun, senza una lira
sanza nanca savè in duva andà
sanza nanca avegh voia de balà
par la strava da fora fa frecc
che ta gera la ponta di urecc

Chi sa stasira cuma te set bela
tuta lustra pusè d'una stela
stagh atenta, cara la me tusa
che anca la luna la diventa gelusa
quela lus che te gh'et in di oeucc
a pensagh a ma trema i genoeucc
ul tò suris ch'al sciaris la nott
ul coeur ma deslengua giò in gott

Ma stasira chi sa in duva te set
in cà toa o a fa festa te vet
a fà un brindisi cunt ul spumant
ma duva sunt mi l'è mia impurtant
e davanti al tò panetun
mi par ti sunt propri nisun
e quand la riva la mezanott
mi par ti cunti propri nagott

Mi inveci sa devi brindà
te set ul prim di mè pensà
e quand senti sparà i sarasin
ma ven voia de dat un basin
e sto chi a guardà quater mur
di to labar pregusti ul savur
un an al vegn al post de vun ch'al va
ma mi ta vori ben, ch'è nient de fà

LA SERA DELL'ULTIMO DELL'ANNO

E' la sera dell'ultimo dell'anno
sono qui solo come un cane
è inutile girovagare stasera
come un barbone, senza una lira
senza nemmeno sapere dove andare
senza nemmeno la voglia di ballare
per la strada fuori fa freddo
che ti gela la punta delle orecchie

Chissà stasera come sei bella
tutta brillante più di una stella
stai attenta, mia cara ragazza
che anche la luna diventa gelosa
quella luce che porti negli occhi
a pensarci mi tremano le ginocchia
il tuo sorriso che schiarisce la notte
mi fa sciogliere il cuore in gocce

Ma stasera chissà dove sei
a casa tua, oppure a fare festa
a brindare con lo spumante
ma dove sono io non è importante
e davanti al tuo panettone
io per te non sono proprio nessuno
e quando arriva la mezzanotte
io per te non conto proprio niente

Per me invece, se devo brindare
sei il primo dei miei pensieri
e quando sento sparare i petardi
mi viene voglia di darti un bacetto
e sto qui a guardare quattro muri
pregustando il sapore delle tue labbra
un anno arriva al posto di uno che se ne va
ma io ti voglio bene, non c'è nulla da fare

Adriano Lungosini

13/02/2015 22:06 2| 752

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«Ho molto apprezzato questa armonica poesia rimata in dialetto milanese (o comunque lombardo), abbastanza comprensibile anche senza traduzione, sulle croci (e le delizie, forse: non è così che gode maggiormente un temperamento un tantino masochistico?) dell'amore non corrisposto. La poesia mi ricorda piacevolmente una canzoncina (scritta da Dario Fo e dal maestro Carpi) che Enzo Jannacci cantava quando ero ragazzo, "La luna è una lampadina" . Sotto il balcone dell'amata che non lo curava affatto, Jannacci ripeteva, più o meno (mi scuso del mio milanese incerto): "E mi sun chi che cammino avanti e indré; mi fa mal i pé! "»

Antonio Terracciano (13/02/2015)

«penso che il dialetto sia un ottimo farmaco per esprimere le proprie emozioni camuffandole d'ironia; esperimento riuscito appieno: bella poesia, sia nel dialetto che nel testo tradotto.»

adriana sini (13/02/2015)

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