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 | ♦  Pierfrancesco Roberti   | 
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        | Vagabondando la notte,affogando le ore
 svampite le membra
 nelle fumerie d’oppio,
 euforica estasi d’aria
 consapevole necessità
 che il poeta e l’assenzio
 si inseguono nella notte,
 come voce e silenzio.
 Ciabattando le strade
 e i sentieri più cupi del se.
 
 Allora riprendimi in culla notte,
 fa sì che possa succhiare
 dal tuo seno ogni acido di poesia.
 Rendimi nudo, strambo,
 rendimi gufo, inerme al tuo incanto.
 Tutti i tuoi sentieri, i più neri,
 si ricongiungono nello spiazzo
 della morte fonda, affranta.
 E negli occhi si annebbiano
 allucinogene alienanti favole.
 
 Trascorrimi dentro
 allontanami dal tempo
 il mio teschio pericolo
 ripugnato dagli sguardi
 per mano e per vincolo
 non vi entrerà in circolo.
 Resteranno i miei occhi bardi
 di chi sudicio vive ai margini.
 
 Racconterò di spregevoli creature,
 chiocciole che rilasciano
 Il sapore amaro del passaggio
 marchiando la terra
 di un laconico destino
 quanto mai acre,
 quanto mai meschino.
 
 Ombre si rigonfiano,
 come fisarmoniche
 orchestrate da lampioni.
 Cadono e rialzano
 tra loro sorretti
 nella più solidale inettitudine
 come tribù si riuniscono
 intorno a un fuoco
 ...Stretti.
 
 Le ore si assottigliano
 piccole, negli istanti
 si sprecano,
 nel fracasso di vetri
 che scricchiolano tetri
 come ossa di Santi.
 Viziosi regnano
 goderecci spasmi,
 eiaculano sanguinanti
 tossite parole
 esiziali, angusti canti.
 
 Periferie risucchiano
 dentro vortici spettrali,
 dapprima l’essere umano
 poi come belve animali
 chiuderanno fila di catene,
 catene alimentari...
 Non importa che tu sia;
 Un cocchiere,
 un araldo,
 un prelato,
 un emigrato,
 un mercante del sesso,
 un alfiere,
 un malato,
 o l’estasi di me stesso.
 La corsa del treno
 alimentato a sputi
 si fermerà
 in una grande pozza
 di liquidi rifiuti...
 
 Riprende fiato il destino
 che come ogni notte per notte
 mi riporterà al mattino.
 Consapevole della fine, la morte.
 La morte, della notte mia notte.
 Dormirà tra le mie braccia il giorno,
 si scioglie in un se annichilito
 ormai stanco di urlare
 forte più forte...
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 Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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            | «inserita come "sociale" parla del dramma che vivono personaggi ai margini scarti del giorno, in prima persona anche molti poeti e artisti anime rigettate dal giorno metaforico a condannate a vivere il moto perpetuo della notte e tutto ciò che ne scaturisce. In realtà non credo sia un poemetto e neanche una poesia sociale, stenta a trovare posto come la ristretta cerchia delle creature figlie dell’oscurità» |      
     
 
                
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