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Osservavo il piccolo pettirosso
sul ramo,
mi chiedevo del suo vivere,
un canto melodioso dono
del trasmigrare antico.
Pensavo a me stesso,
quando mi chiedo perché vivo,
perché amo il mare, la gente,
perché so raccontare ed ascoltare
le voci del cuore e dell’anima.
Ricordavo i tuoi vestiti sparsi per terra,
a svelare il tuo corpo e il tuo splendore,
mentre io ti dicevo, tu mi dicevi
sarà quel che sarà.
Osservavo il vecchio pescatore,
rammendare le reti con movimenti veloci
acquisiti in un tempo ancestrale,
il suo scrutare il cielo riuscendo
a carpire l’essenza della tempesta imminente.
Il piccolo scarafaggio dell’arenile
scalare inutilmente la piccola duna,
per poi cadere alla base e ritentare,
il cielo terso ricordarmi che non sono Dio.
Osservavo i gemiti della mia donna durante il parto,
in un respiro flebile appena accennato in un sospiro,
tra frammenti di grida e sangue,
all’angolo la scopa di saggina a riposare
retaggio remoto di una storia infinita. | 
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| Eolo |
22/09/2017 14:10 | 1605 |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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Commenti di altri autori:
«il canto del pettirosso è anche il tuo canto, quando ami il mare, la gente, quando ascolti la tua anima, quando vivi. Significativa e inusuale la chiusa, molto bella! I miei elogi!»
«echi lontani che tornano nel presente come a ricordare sprazzi di vita di momenti di piccole cose che vivono in noi bella e sentita opera 
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