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Nel divorare i nostri impervi viali
tu ed io ci siamo persi;
ma in me rimangono le gomene massicce
che io chiamo ricordi.
Come potrei non averti a cuore
ricordando il mio volo?
Come potrei
non condividere la dura strada
biasimando la sorte
con te sí tanto crudele ed ingiusta.
Sento, ti osservo sai:
oggi svolgi la vita
nel tuo silenzio, in un antro profondo
e dove il tempo scorre
non smussando il bruciore;
Sento il dolore
so che il dolore é la stanza piú vasta
della tua casa adesso.
Non ho pretese
mai potrei risanare le ferite
piú delle mie
sangiunanti e profonde.
Ma amica cara, credimi, si può guarire
o ricucire
quella crepa ch’é dentro
ma per farlo c’è un modo solamente:
dare luce all’abisso.
Il dolore é un oceano che va attraversato
e non rimane quindi
che nutrirsi di refoli, di gocciole
di briciole di luce
di minuscole gioie e provvisorie
quelle che ancora capitano
poiché quei segni indelebili restano.
Questo é l’abbraccio mio
e lo affido ad una stupida poesia. | 
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Toccante lirica sf. Un caro saluto (Alberto De Matteis)
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