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        | Aghi di freddi e punti di gelo, secche ventate e vuote boccate;
 l'umido caldo s'ampolla nel fumo:
 stracci di carte in mille pensieri,
 tutti palesi: son tutti di ieri.
 
 Cadon passioni e vestono 'l bianco;
 tutto si muove ma placa la mente;
 tutto volteggia e 'l giaccio alla pelle
 ti tien sveglio e potente: la calma
 apparente, in cui quasi si sviene,
 ti stringe e s'appanna. Di veder
 tu smetti e ti apri a quel vento
 di pungente ossessione: "Hai mai pianto?
 E per quale motivo?" "Non sei un santo;
 per questo t'ammiro!" Dolce mio amore,
 quel sogno sei tu e neve sperduta.
 
 O l'acqua si cela in celle di vetro,
 (stupida sbaglia e illusa si scaglia,
 non vi permane e nulla attecchisce
 più del tempo in cui l'occhio ti sogna.
 E la terra ben presto guarisce
 da quel manto fatato e salato.
 "Hai mai pianto? E per quale motivo?")
 
 o allor si soffoca questa parola...
 (e nella quiete montana trattiene
 il dolor: di cristalli le mie lacrime
 prendon sembianza. T'illudi davvero
 che sia Roma sì bianca. Ma un timido
 sol quel mare lo allarga. E grida
 e urla e tintinna a gocciare,
 or che questa mïa neve ha smesso
 di tremare...)
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        | Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore. La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.
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            | «Impossibile... non come la neve a Roma... ma com impossibile vedere che la neve attecchisca a Roma.» |      
     
 
                
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