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Sono libero! Mi offro al freddo vento,
mi espongo ai fulmini, all'egre rugiade,
al fosco ombreggiar del vento che invade
l'orizzonte che duro e tònante sta.
Son sublime! Conto ansante dai nembi
le fragili correnti della pioggia,
misuro l'acqua che acida s'appoggia
sui solchi de' ciottoli che chiasso fan.
Brilla la folgore! Scalpita e ride,
forse perché danzar nel ciel le giova,
forse perché in una nuvola cova
insieme a un tòno il suo raggiante figliuol.
Brilla! Trapassa il manto del meriggio,
e tanto grida, tanto corre e guizza
che il mio attonito e perso guardo aizza
a un acceso contemplativo stupor.
Tra i tòni, cupi tamburi di guerra,
palpitando in agitazione piove,
scendon fredde gocce sempre più nuove
che tintinnii donano di voluttà.
Sono un'unità con ciò che contemplo!
Sono io il lampo. Sì, son io il tòno che urla,
il vento che sibilando si burla
de' nembi che danzando tuttora van.
Son io la pioggia! Il pianto che scende
aprendo crudel piaghe sulle guance...
solchi donde provocati da lance
umori si dissanguano e pur dolor.
Ah, quanto m'è caro questo fulmine!
Ahimè, sibben dolce questa tempesta
lentamente mi diviene molesta,
mi pare un vile dardo d'iniquità;
e nell'odio mi cade quel lampeggiar
che colpisce la vetta d'ogni colle.
Ecco! In me si alza, si desta e bolle
un sentimento d'avversione crudel.
Sono determinato dalla Luce!
Non più libero ma in catene ammiro
uno stral di Sole, un solar sospiro
che le tenebre disperde nel mister;
e questo arcano inscrutabile, occulto
voglio svelar, di costui voglio l'oro...
desio l'essenza, desiro il tesoro
che l'Infinito nasconde con pudor,
bramo impavidamente, bramo sempre
discernere quella gioja occulta d'Amor. |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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