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Il Servitore di due Padroni

"Il servitore di due padroni", noto anche come "Arlecchino servitore di due padroni", è una delle (leggi...)
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Raccolte di poesie Raccolte di poesie
Viento y fuego di Arelys Agostini
Sorge il Sole ogni mattina di Alberto De Matteis
Minuzzoli di pane 2 di Berta Biagini
Sonetti Arcanici di Franco Scarpa
Un ‘emozione in volo di Rita Angelini

SpiegaPoesie riproposte
Acque superiori di rosanna gazzaniga
Il tuo nome, Cristo di Stefano Acierno
Baiano di Stefano Acierno
Pensiero di Elena Artaserse
Ricuciture notturne di rosanna gazzaniga
Insieme sempre per un viaggio in contromano di rob ponzani
Di nuovo di rosanna gazzaniga
Nodi di rosanna gazzaniga
Le tue Parole di Adele Vincenti
Due cuori di Giuseppe La Marca

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Poeta Georgia: 1 poesie
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Poeta Mauro Briguglio: 2 poesie
Poeta Luis: 1 poesie
Poeta aledilonardo: 1 poesie
Poeta Danilo X: 5 poesie
Poeta davide marchese: 3 poesie
Poeta Bowil da Wilobi: 13 poesie

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(29 Aprile 2019)
Autore del giorno Danilo Tropeano
(28 Aprile 2019)
Autore del giorno Lara
(27 Aprile 2019)
Autore del giorno Francesco Rossi
(26 Aprile 2019)
Autore del giorno Mauro Santi
(20 Marzo 2019)

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(Giugno 2019)
Autore del mese Amara
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(Aprile 2019)
Autore del mese Franca Canfora
(Gennaio 2019)
Autore del mese Andrea Palermo
(Dicembre 2018)
Autore del mese Cinzia Gargiulo
(Novembre 2018)






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XXX Maggio - Ode alla Vergine di Rouen, ovvero La Passione di Giovanna d'Arco

Spirituali
Era bella, era giovane
e bionda e candida,
falba come la veste
rozza e discinta,
come le bianche nuvole
verso il crepuscolo,
ed era alle funeste
catene avvinta,

era una donna povera,
fu miserabile,
e andava trascinata
da empi demòni,
come nell’onde i turbini
scorrono l’àlighe,
ed era addolorata
cogli occhi proni;

e ammirava la cerula
pelle, l’estatico
e tetro mezzogiorno,
e l’orizzonte
che ardeva in mezzo ai palpiti
d’un nembo pallido,
del quieto Sole adorno
alto su un monte,

ed era un volto debole,
occhio di femmina
che la bestemmia urlava
infame strega,
che l’empia piazza immobile
ergeva in tremiti,
che in furia le imputava
l’empia congrega.

Lunghi i capei scendevano
al collo tremulo,
e tremavan le mani
le braccia ignude,
dove la veste lacera
scopriva i gomiti
contristati d’arcani,
le doglie crude,

e stava il labbro in spasimo,
contorto in brividi
presso i morsi agitati
della paüra,
lungo i ferri terribili
del legno, il Dèmone,
si compivano i Fati
della Natura,

e il volto pron, spasmodico
cadeva al cumulo
del legno, la catasta
su cui era un piolo,
sul qual gridò il patibolo
del fuoco spastico,
ed ella e pura e casta
piangeva al suolo.

Aveva in cuor incogniti
pensier, rammarico,
sogni privi d’un volto
di giovinezza,
ricordi incerti e anonimi
che si fuggivano
dal tormento disciolto,
ignea la brezza,

martìr secreti indocili,
segreto spasimo,
e barcollava bianca
tra l’alabarde
che al cielo minacciavano
furie diaboliche,
e si fremeva stanca
lungo le barde,

ed ella era l’eretica,
sprezzo eucaristico,
era la visionaria
eresiärca,
occhio d’insani Dèmoni
che ne inquietavano
le terre e i boschi e l’aria,
e il Patriärca,

era la donna in fregola,
bruta caligine,
che in vero amava il Cristo,
e ch’era santa,
era la giovin vittima
d’un truce vescovo:
Sàtana è giunto, è visto,
il Verbo incanta.

Ella saliva al talamo
del fuoco angelico,
e lo sguardo perduto -
casto piacere -
porgeva ai sgherri orribili,
e i polsi incolumi,
e i piè, e il costato muto
a un vil dolère,

chiudeva i tristi pollici
al legno timido,
le vene perforate
dal vento fiero,
e sanguinò invisibile
tralci di turbini,
caviglie raggelate
a un spino altèro,

come facea lo Spirito
che in furie all’incubo
scorgeva denudato
sopra due travi
che lente sanguinavano
presso le Vergini,
col sogghigno chinato
steso sui schiavi,

come quest’Uom davìdico
col mento lacero,
ed ella alla sua schiena
soffriva i tocchi
dei legni che sferzavano,
incauti fulmini,
e sanguinò la vena
dei cupi suoi occhi.

I popoli gridavano,
nella sua porpora
mirava l’assassino
la piazza in furia,
e tradito il Pontefice
e l’ecclesiastico
dovere, e il suo divino
pegno e la curia,

faceva omaggi all’anglico
paggio satanico,
e coglieva il denaro
di questa taglia,
di questa mesta e misera,
di quella femmina
che lo rendeva avaro
per la battaglia.

Allor la dama il ruvido
ramo dei platani
scalza saliva e mentre
venne legata
chiedeva invan un simbolo,
bramava stringere
al condannato ventre
Croce dorata:

gli sgherri orrendi presero
le corde in fremiti,
al ceppo il destro piede,
dopo il mancino,
e i giovin fianchi avvolsero,
e li stringevano
bestemmiando la fede,
inno al Destino,

strìnser le forme vergini
del petto in ansimo,
il collo ignudo al pioppo,
le guance rosse,
tristi la schiaffeggiarono,
e il suo carnefice
qui camminando zoppo
ruppe dell’osse;

ed ella allora l’indole
alzava in lagrime,
gemeva in cupo pianto,
e singhiozzava,
e le diceva il Popolo:
«Vanne a un prostibolo!»,
e il cuore l’era infranto,
e sibilava.

Gli strali la coprivano
del Sole insolito,
e come un Mostro i fumi
del fuoco acceso
di strazi l’assalivano,
e sospiravano
di stelle come i lumi
nel ciel sospeso,

e le fiamme s’alzavano
tra i tetri frassini,
e i piedi sofferenti
e le caviglie
truci solleticavano
e si gemevano,
e i velami aderenti
a queste chiglie

di queste sete d’aride
ragne infiammabili,
bruciarono i polpacci
giovin nel grido
delle labbra che urlavano
al Ciel le suppliche,
e in fuochi i catenacci
e il rogo infìdo;

ed ella ormai frenetica
e lamentevole
abbassando lo sguardo
li perdonava,
come spirando a Davide
paradisiäco
di Lui l’eterno dardo
ne seguitava,

e ruppe i lacci ai gomiti
del fuoco al fulmine,
le man in prece univa,
e tosto ardeva,
i veli si disciolsero,
la denudarono,
la Morte l’assaliva,
e si gemeva...

ed ella lagrimàvasi,
nel duol patetico,
sempre gridava il nome
del suo Gesù,
e divampava in formide
lingue di Spiriti
e si scorgeva come
ella già fu.

Così attristato un parroco
a quest’immagine
d’empio fuoco e di fiamma
porse una Croce,
con rigore monastico,
egli un ascetico,
la pose sul diaframma
a brace atroce.

Quando i vampar morirono
non fu che il cenere;
ma tra l’ossa bruciate
apparve un cuore:
rosso, rubino, e incolume,
pegno d’un Angiolo,
carni meravigliate.
Vinse il Signore!
Poesia in esclusiva
Massimiliano Zaino 28/05/2015 10:04 1| 980

Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
La riproduzione, anche parziale, senza l'autorizzazione dell'Autore è punita con le sanzioni previste dagli art. 171 e 171-ter della suddetta Legge.


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«Il carattere di questa splendida figura di donna mi ha sempre attirato e questa ode a lei dedicata, così coinvolgente, pervasa di dolcezza ma al contempo forte e determinata, mi è parsa un ottimo lavoro del poeta.»
Daniela Zarriello (29/05/2015) Modifica questo commento

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