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Grida disattese nel deserto maledetto
si ergono tra demoni con unico precetto
di calpestar selvaggiamente ogni fiore
qui forse nato o giunto per errore.
Orrore il capolinea d’ogni rosa,
schiave in fabbriche prive di posa,
povere e soggiogate dal destino
dopo un già lungo ferino cammino.
Sveglie per lavorar prima del sole,
non rivedranno mai più colorare
i loro puri sogni d’amore,
le aborigene con bandiera tricolore!
Ciudad Juarez, frontiera di morte
per Donne in cimitero senza porte
ove graziose adolescenti sequestrate
vengono abusate torturare e mutilate.
Ad Auschwitz latino del presente
il rancido stato è assente
con macabra cultura d’immondo
verso donne odiate nel profondo.
Nel regno dei narcos privi di Dio
anche la polizia ha un reo io
solidale a ricchi e politici corrotti
predatori sanguinari su figlie d’altri.
Madri disperate piantano croci
- nella sabbia - sopra corpi atroci
d’angeli rimasti senz’ali
- strappate dai diavoli disumani - ...
mentre strepitano: "Ni una màs!". |
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«I Messicani l’hanno ribattezzata \"La città che uccide le donne\" - Ciudad Juàrez - ove ad oggi gli omicidi delle donne continuano, come restano inascoltati i pianti delle madri che all’alba o al tramonto non rivedono più le loro giovani figlie le quali, nel lungo ed isolato tragitto dal posto di lavoro (Le maquila, fabbriche d’assemblaggio\" di multinazionali che sfruttano le ingenue lavoratrici.), vengono - con rituale copione - rapite, violentate, torturate, mutilate e uccise. I numeri sono agghiaccianti, come le madri disperate che pregando sperano nel ritorno delle figlie sparite nel nulla.» |
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