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♦ Mazzuoli Egidio | |
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Elena Poldan
Le 545 poesie di Elena Poldan
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e poi ci sei Tu
a ricucire ogni strappo
con aghi di pazienza e immenso amore
altero angelo guerriero
indefesso guardiano del mio destino
che disegni il sole ad ogni nuovo giorno
e cancelli nubi e minacce
dal mio capo
anche d’inverno
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quando una persona se ne va
il cielo d’un tratto si scolora
l’aria diventa pesante
grigio lo sguardo
mentre un macigno ci abbatte
su un asfalto rovente
e lui s’incammina sui ricordi
già così distante
come da catapulta scagliato in un istante
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un arcobaleno variopinto
fra onde imperfette
e la tua voce divertita
irriverente e attenta
mi giungevano fra coltri e nebbie
a diradare nubi e incertezze
una liana che arrivava
come primo soccorso
ma poi sfuggiva
in una strana rincorsa
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Traballa e di dimenticate voci
s’avverte il brusio
come goccia silente batte
su pareti fragili
e basta una banale incrinatura
nel seriale scorrere dei giorni
a far riemergere rulli
di tetri tamburi
immobili
che smuovono zolle di solidi
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Nella nebulosa dell’estate
zoppicando come cieca
mi cerco fra scartoffie e ricordi
nel vento che porta via gli anni
i bagliori della giovinezza
in un’altalena che sembra rincorrere il tempo
stoltamente
ad un passo da ieri
sovrapponendo
in uno
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Immobile
come aria sospesa
dietro sbarre di paure
ingigantite da un immobilismo che rende poco più che morti
Oggi
alle soglie d’un domani troppo incerto
guardo indietro
troppe macerie
troppe lacerazioni ancora sanguinanti
troppe bare
anche
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A volte scivolo
dentro i fossati delle mie paure
Senza ormeggi mi allontano
in quel mare nero
di mani che
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il mio cuore
è un grumo irrisolto
che grandina pene
impigliato in nodi
stretti da tempeste
che s’agitano di
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baluginio di luci
dietro ricordi intermittenti
fra un intervallo e un altro
tenebre avvolgono
come un’onda
confondendomi in un turbinio di parole
a ritroso nel tempo
è un albero di Natale il presente
dove i volti amati sono un anelito
che
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quando l’aria diventa cemento
duro segmento d’un ricordo
antico fantasma senza porto
che s’aggira senza tregua
svelando ogni giorno
verità nascoste
dentro un incedere incerto
e un corpo scoperto
per le strade impazza la festa
e nei cuori
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le radici affondano in terra melmosa
che scendendo divien vieppiù solida
fino a divenire inoppugnabile roccia
i rami
agitati da un vento umido
smuovono linfe e sali
e crescendo sfiorano il cielo
e talvolta degli angeli avvertono il coro
come
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fra trame offuscate
le tue sofferenze
intravedo agitate
provengono da scaturigine comune
e in esse intravedo i segni delle mie
pesante grumo di frane irrisolte
tumulate senza tomba
come defunti che s’aggiran nei sogni
c’insidiano in spietati
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ci fu un tempo in cui inseguivo le parole
e m’immergevo in un mare di nuvole
appagata senza nulla ricevere
ero ebbra di sete
e di me così compiaciuta
che non vedevo gli altri
che m’inseguivano
mi amavano
un saggio mentore mi tirò fuori da me
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orme di rimpianto
tratteggiano un percorso a ritroso
nella risacca dei ricordi
m’incammino
dentro una nuvola stanca
insabbiandomi sempre di più
in pensieri
ancorati ad un porto defunto
senza vento che li bagni
o solco che li
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mi appannavo
in un angolo remoto di cielo
ritrovandomi ad un tratto
nell’abisso
con un rosario senza grani
e calze rotte
era di seta quella malinconia
che come cellula impazzita
mi s’ingigantiva fra le mani
fino a soffocarmi
col suo peso
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eri la telefonata a fine giornata
quando stanca mi cullavo in quei fili di parole
funi per dondolare
echi antichi
eri lo spazio mai vuoto
fra un intermezzo e un altro
e l’ombra della solitudine
dissipata
eri il conforto e la certezza
in
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Cerca la poesia:
Leggi la biografia di questo autore!
Invia un messaggio privato a Elena Poldan.
Indirizzo personale di Elena Poldan: elenapoldan.scrivere.info
sfoglio i giorni come fossero binari arrugginiti
mentre il tempo scopre un suolo brullo
è allora che come goccia che sta per cadere
tremo di fronte a quell’oceano di giorni a venire
per quel vento che inesorabilmente si porterà via la mia giovinezza
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c’è un momento
che le stelle sembrano sorde
e il mondo assente
opaco lontano
ed io altrove
nella solitudine d’un angolo remoto
dove incombe un silenzio così profondo
da avvertire gli impercettibili bisbigli
dell’anima in lotta
sbadata
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sotto le foglie d’un autunno dormiente
o fra le carte d’un lavoro asfissiante
si nasconde un dolore bruciante
che come un pugno che mortifica il respiro
si cela sotto maschere grigie
staccando i giorni
in una marcia alienante
sfiorando i
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chissà perché non riesco più ad ingoiare quei vuoti d’anima
quelle voragini senza tempo alle soglie del giorno
quando dimentica del resto m’imbarcavo in treni fantasma
e con ali di maggio m’inoltravo annoiata di beatitudine in paradisi di carta
ma
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fiocchi candidi
si disperdono all’orizzonte
ingoiati dal tramonto
si affievolisce il bagliore dei giorni
nel flebile richiamo
rimasto inascoltato
tra le
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d’un tratto il respiro
mozzato
che non scende ai polmoni
un rantolo di emozioni
impaurite stranite
d’un tratto un battito lontano
o troppo rapido il suono
d’un tratto sentirsi
malfunzionanti automi
ed entrare in quel circuito
di falsi
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E poi
dentro una bolla
fra spazi siderei
attraverso ponti di carta
risolti incubi di paglia
innalzata oltre vette imperiose
ho guardato dall’alto l’atomo malato
e quel fiume di gente che ogni giorno
s’affanna senza senso
cercando risposte
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in lontananza un albero viola
agita fronde gravate da frutti amari
mentre un’alba sinistra avanza
o forse un tramonto
perdute le coordinate del tempo
in un anfratto
scorre il male
una nuvola sul sereno
forse un ricordo di ieri
quando
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Frana il mondo
e l’universo è in lontananza
sotto è il vuoto assoluto
d’un niente perduto
ieri figlia
in un indissolubile abbraccio
oggi
nell’assenza
è labirinto deserto
dove perdersi
il dolore bussa sordo
all’anima a
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Perché non ho quel sorriso
che ingoia il sole
e lo irradia in gesti
e parole di sale
la mia sostanza è di nebbia
e diventa lacrima
alla prima distrazione
come vorrei essere fibra d’agosto
folle baccante intorno a fiamme vive
ma del
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una nuvola s’addensa
nell’immensità del cielo
in una contrazione di lacrime
soffocate
l’anima ha perduto il senso
e l’orientamento
naviga dentro un’onda
dall’ignota destinazione
senza argini questo smarrimento
un naufragare perenne
nel
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su un bordo di mondo
incurante di genti e miserie
persa lontano
in un indefinito confine
distante
poco invitante
in un bordo
poco distante
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Irrompi incurante
Col tuo caldo avvilente
Mentre ancora mi aggiro
In queste stanze vuote
E mi manca il respiro
Navigo sperduta
In questa estate muta
È una tomba questo tempo
Che mi rimbalza senza cure
In una strada
ad un tratto
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e mi ritrovai
nel solito cantuccio buio
in un silenzio di vetro
nelle vene lacrime
e cicatrici che trattengono fiotti di rabbia
che diventa livore
corpo che duole
-muore-
ogni giorno
sotto colpi di delusione
in frantumi
cerco il sole
in
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545 poesie trovate. In questa pagina dal n° 31 al n° 60.
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