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"Biografia di uno scrivente”
Gli hanno detto che è nato al Gozzadini di Bologna il 4 luglio di qualche lustro fa, di sette mesi, per giunta un scarsi.
La prima scuola frequentata è stata l’Università del Morazzo (così chiamata con nostalgico bene, ancora dai superstiti): un ex magazzino agricolo nell’estrema periferia a sud ovest di Bologna.
Non si ricorda perché mai, al primo anno fu espulso. Da allora l’incubo della sua vita: - Gli esami non finiscono mai.-
Le suorine gli hanno fatto lezione per altri quattro anni, non gli dispiaceva; la casetta onnicomprensiva di abitazione, asilo, doposcuola, orto, pollaio e conigliera, posta accanto la canonica, era un porto di mare; Tutti bambini della campagna intorno, dai quattro anni fino ai ragazzi di tredici che la frequentavano nei pomeriggi durante il doposcuola.
Gli anni trascorsero lieti, ma un dì si scontrò con il parroco. Forse è stato davvero uno dei primi obiettori di coscienza contemporanei: si rifiutò di essere un -soldato di Cristo- (non riuscirono mai a fargli comprendere perché Cristo avesse bisogno di soldati) e la Cresima fu un calvario. Non ebbe perdono e trovato il modo, venne espulso.
Con il suo consenso lo fecero fratino domenicano. In seminario riuscì a fare l’esame di quinta elementare ma, non il resto e, tanto per cambiare venne espulso.
In seguito ha cercato la sua strada, come tutti.
Un giorno incontrò un maestro amico, professore, che lo convinse a frequentare le sue lezione la sera e fu molto bello - anche se rischiò seriamente di perdere una stupenda amicizia se non avesse trovato il coraggio di presentarsi agli esami per un diploma di scuola superiore che non si sa dove sia finito.
Adesso nel pieno di una vita, dove la fronte allarga l’orizzonte per i capelli che salutano, gli è venuta la mania di scrivere in versi.
Ha tenuto nascosto questa passione come si fa con un’amante amata; maldestro però com’è, non è stato difficile scoprire il suo frequentare il “Laboratorio di parole” e la “l’Aurea di Poveta” elargitagli dagli amici bolognesi, gli ha rovinato la reputazione di una vita irreprensibile fatta di lavoro, casa e baciapile.
Adesso, anche un associazione di poeti ha richiesto la sua presenza, così come ci si incontra tra amici a scambiare idee e confrontarsi nei “versi” -pensava lui. Così non è stato; subito si è presentata un’impronta da indossare, una espressione da esibire, una unità da presentare – insomma, non è nuova ... espulso!
Non per modestia ma per una forma di rispetto, nella consapevolezza di non poter assumersi le responsabilità, lui continua definirsi non essere poeta; bensì, con tutta la sua dignità, uno “scrivente in versi”: sensazione di libertà dunque, nella necessità di ricordare, di svuotare pesi che a lungo andare si porgono macigni, di liete aurore che si confermano al tramonto; una terapia estensiva quindi, dice lui, perché:
“Dello scrivente sono i versi e della poesia sono i poeti”. |
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