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♦ Pierfrancesco Roberti | |
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Le 7982 poesie in esclusiva dell'argomento "Sociale"
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 | Mura di buoncammino,
sbarre ornate a festa
di pani stesi al vento.
Sopra il colle
di pietra forte
dalla finestra
c’è chi saluta gli amici
con la mano.
Mura ingiallite di tufo
non nascondono il dolore,
colpe da pagare
e di ha pagato
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Vado a destra o a sinistra?
fatale mi è l'andare
e paonazzo il volto
si copre di vergogna
non distinguo più i colori
come un daltonico distratto,
anche il tricolore
non più io riconosco
Il rosso del martirio
s'è
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Toccare il fondo ruvido con la mano
accarezzarlo come il capo di un bimbo
il lupo affamato ulula da lontano
rivendica la sua danza nel limbo
i morsi nelle ossa sono gelidi
il senso del nulla abbraccia l'oscurità
gli occhi a spillo sempre
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 | Azzurre pareti
dove spiccare il volo
come gabbiano,
verso il sole.
I piccoli angeli
sono guardiani,
di bimbi
nutriti di parole
volate dal cuore
senza odio e rancore
per essere liberi...
Di libertà si può morire,
ma non sarai mai
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ne manca Uno, non siamo Cento, ed ecco a voi il Malcontento
Novantanove è un'immensità, così ci chiaman per comodità
a passi lesti ci siamo mossi, con ali al cuore e nervi scossi
ma non dall'odio, non dalla rabbia, ma
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Avvolto dentro un cartone
dorme un barbone.
Sogna un diverso destino,
angeli nel suo cammino.
Passano tre balordi,
osservano il vagabondo.
"Ragazzi la notte da i brividi
e... non è ancora finita".
Hanno il cervello offuscato,
il cuore senza
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Mai conobbi la felicità
la vidi corrermi affianco su un marciapiede
ma mai ebbi il coraggio di guardarla in viso
Dopo due giorni la rividi
ma l'emozione d'osservarla fu cosa ben amara
vidi il suo vispo e giovane volto
Stampato sulla
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 | Al risveglio
offuscare la mente
in un bicchiere di vino,
giorni senza lamenti
senza pensare
al dolore di chi ti era accanto...
Amore trasformato
in spietato aguzzino,
cammino di fame,
di stenti, lutto lamenti
di vere vendute per pane.
Salvasti
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| Stanchi.
Le membra accartocciate
a schivare
il pungente rigore.
Gomitoli di anime
in angoli oscuri.
Perché
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Non mi piacciono i funghi, mamma
questi poi...
portano solo dolore,
a cosa è servita tanta sofferenza
non penso abbia fatto la differenza
fra noi e loro
non è rimasto niente là
nulla di più alto di una spanna
solo
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La più pura delle chiese divenne
La più squallida delle bettole
Il più etereo dei sentimenti
Divenne la lama più vile intrisa di sangue
Il tempo passò
Le persone cambiarono
L'ipocrisia come un letale morbo
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 | S’odono i passi su per le scale
Trascini con te, il peso d’un corpo
Afflosciato, Sfiancato, Abbruttito
dal nettare ingoiato.
Un colpo al cuore ed uno
alla porta ondeggia il chiavistello
davanti alle tue mani tremanti
E gli occhi
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Vorrei
far mangiare la tua bocca avida
lavare i tuoi capelli
sciupati sulle spalle.
Correre sui prati
e ridere tra i fiori appena nati!
In piazza
tra la folla brulicante
mano nella mano
per andar lontano.
E quando la notte
ti verrà a
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Un percorso intrapreso nella direzione dei tuoi occhi. Senza i fiocchi dell’intimità. Semplicità e purezza. Correndo via dalla morsa che imprigiona la magia del sogno. Confondersi tra le utopiche visioni del futuro per una rinnovata energia.
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 | Frammenti di rugiada
assoluta loquacità della carne
silenzio in questa fluidità
allora resti immobile
in attesa della prossima fitta
consacrando la distensione.
Fuori la polvere s'alza
lungo la strada obbligata
che tu non
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 | Tenta ritenta sarai più fortunato
diventerai ricco, felice e amato.
Gioca rigioca, vuoi essere arretrato?
Non vedi il montepremi, cresce ancora
ti saziera ogni ora
Un ossessione che dissangua la vita
che ti strazia e ti prende e
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Cantavano "Faccetta Nera"
vagheggiando imperialistici progetti
mentre giovani grembi ignari
consegnavano figli al dolore
agli obbrobri della guerra
a morti d'illacrimata sepoltura
delirio di un popolo alla sequela
di un folle
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Misera umanità d'immense masse
fagocitanti formidabili prodotti
raccoglitori del mercato plasmante
rigoglio di proibiti frutti
Implacabili e ostinati consumatori
nello sconcio di sociali concorrenze
sensibili ai tornaconti personali
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D'un giovine
la domanda mi ferma
come si chiama
il cagnolino
proseguo all'imbrunire la via
di terra spine e sassi battuta
erbacce siepe e campi intorno
il giorno a venire
ha falciato il contadino
anche la siepe ha
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 | Fracasso par di ristrutturazione
quell’improvvisa musica assordante,
a tratti solo suon di percussioni
un po’ come un metronomo ambulante.
Se basso non c’è gusto, lo capisco,
e nulla gliene importa se pacchiano
E tu lì a protestar
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Non volle il tempo
fuggir dall'urla
ma è tempo
ch'io non debba
più mai
udir grida
del dolore umano
dissacrato da folli.
Umanità
guarda i tuoi figli
nel rinnovato dolore
d'ogni lucido terrore
d'impietosi
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Quei diritti acquisiti con il proprio soffrire
rimbalzano qua e là senza un perché
micidiale quel senso di privazione
si estende a macchia d’olio
occhioni interrogano
trattenendo lucciconi
intaccate speranze
si spogliano
nudità
celano
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Il vecchio seduto solo
alla panchina resta a guardare,
l'amata luce perenne.
Avvolge la sua anima nel silenzio
stringendo il sigaro tra le dita
mentre il vento accarezza il ricordo
dei suoi vent'anni,
fusi tra il passato e il
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Delatori illustri
Di fama e di nome
Che mascherati mutate sembianze
E al vicino. Rompendogli il piacere
Della trasparenza con la vostra indifferenza.
Ecco a voi. Squarcianti e sciupati
I versi miei. Per la vostra irriverenza.
Rapaci
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 | Vivi per il tuo sogno
coltiva la tua passione
cammina per la tua strada
senza paura
accendi la vita
con la tua intraprendenza
scorgi fiumi di speranze
nei mari che accoglieranno
le tue imprese
attraversa senza penare
le tue
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 | Scrivere:
come ultimo gesto
dovuto
al giorno.
Scrivere:
parole invigliacchite
che non hanno saputo
esser urlo!
Sentire:
l'inutilità di una
presa di coscienza
senza ferite aperte.
Volere:
sulla mia carne
un segno
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| Hanno negli occhi
un tenero fulgore
riflessi di giaietto
e zafferano
la stella del mattino sulla fronte.
Pregano il dio dell'acqua
il dio del pane
presso la fonte inaridita
Gioca con loro il vento adolescente
favolose sorgenti
da cime
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 | Io non ho creduto
neanche un istante ho creduto
Alle disattese unioni
Alle roboanti parole d'amore
che come ferro e fuoco
hanno ustionato il viso
Non ho creduto
mai, neanche un istante
Alle ore di falsa fratellanza
Ai veleni sperperati per
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| EnzoL |
28/07/2013 12:56 | 1712 |
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| Gira il mondo
ubriaco di noi
insofferenti della sua salute
crogioliamo senza stancarci
sino a quando
una croce
sventolerà alta
abbracciando l’immenso
formichine
a braccetto con i tarli
non trascureremo lauto pranzo
a pancia piena
sazi
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Di rado
-il vivere compromette-
un mattoncino cade giù...
è in quell'istante
così persuadente
che qualche difesa smantella
si assume posa virginale
le cosce s'attenuano
la luna diventa frittata
il pene assume sembianze
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 | Ottunde!
Un buio di inutili orpelli.
Siamo anime appiattite da automatismi
liberi pensanti in catene
carne da statistica:
numeri;
segni matematici
alla ricerca della propria funzione.
Se si debba andar per sottrazione d'egoismo,
addizione
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7982 poesie pubblicate su questo argomento. In questa pagina dal n° 3511 al n° 3540.
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