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Le 7901 poesie in esclusiva dell'argomento "Sociale"
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Sul Carso,
in questo mesto giorno
sempre il mio spirito mi porta,
e lì, col cuore afflitto
vedo tutti i miei fratelli
sofferenti
nella loro infelice sorte.
Tenerezza d’immenso affetto
rompe i miei silenzi assorti
stringendomi la gola
in forti
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Il buco dell’ozono
fa sciogliere i ghiacciai,
è un critico problema
che provoca dei guai!
La plastica nel mare
produce inquinamento,
la colpa è della gente ...,
cattivo atteggiamento!
Ci son le colonnine
nel centro cittadino
con l’aria
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 | Per le madri di figli fioriti
il giorno lontano del miracolo
è pietra scolpita
sbozzata, modellata, levigata
“per forza di levare”
e quel che resta sa di perfezione
portento incredibile a chi l’ha generato.
Nulla turba il sereno fluire della
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Un urlo
dentro uno sguardo che soffoca il cuore,
l’aria che manca
dietro una rete di dolore.
Pareti di cemento
celano sofferenza, un piccolo angelo si dibatte
attero, nel grigiore d’un cielo senza giorno,
senza il sorriso del sole.
Fugace è
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Il cielo s’oscura ancora
la tempesta s’avvicina
e nulla abbiamo capito
della scorsa lunga notte.
Ora non spunta più l’alba
è perduta la memoria
d’un secolo alla deriva
con l’odio nei nostri cuori.
Ancora nulla è mutato
se restiamo
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Piccola Anna fragile e forte
dalle domande immense
scritte fra righe di spine parallele
e incomprensibili confini:
Dove fuggì la ribellione
dove si nascose la dignità?
Fra condizionanti profezie, ingenuità furiose
nella folle paura di sfidare
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Zikkaron e parlate
voi, parlate per chi, caligine,
l’iniquità non vinse:
dal pollice a sinistra al poi
di cenere nei campi e nei fiumi.
Pulsate, da memoria rerum, riverberi
nel qui e ora di viscosa turbolenza
- dicotomia d’esistenza, d’anus mundi,
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Lia |
27/01/2019 20:21 | 961 |
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Quanto dolore
nella notte del male
e quanto è freddo il pianto
per i cuori di pietra.
Non ricerca fulgida luce
di albe migliori,
il male.
Si nutre dell’altrui dolo
non vi è martello che ne spacchi il suolo.
Scavi solchi nel mio
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La medaglia c’è.
Sei tu che all’appello manchi.
Ogni giorno è per tutti la convocazione.
E la tua presenza all’appello non risponde.
Dove sei?
Perché possa io correrti incontro
e per nome Fratello chiamarti
e nel mio abbraccio e nel mio
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Olocausto di un popolo
un brivido scorre veloce
lo sguardo si oscura
il sorriso si spegne all’improvviso
Anime spogliate della loro individualità
sentimenti che urlano silenziosi
sofferenze che dilagano
speranze svanite per sempre
"Tu" che ti
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 | Chissà
se anche tu
guardavi al cielo,
bambino ebreo.
Ascoltavi
il pianto straziato
di tua madre,
ed eri
solo un numero.
Volasti
un mattino di Gennaio,
lassù, verso
le stelle.
Fosti
vento, e nulla più.
Tu sei
l’imperituro
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S’oscura il sole nella valle della morte,
sospirar d’affanni e anime sepolte.
Flebile vocio e coincise preghiere.
Supplizio d’arrendevole castigo e
fantasmi ad apparir negli occhi.
Oh dove andaste stipati come bestie da macello?
Che pensaste
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Oggi di quel dolore, gigli nella terra.
Del tuo abbandono accecano gli scheletri.
Ogni prigione una fossa nella pioggia.
Raccontami ancora delle tue allegrie,
della quiete nei giardini d’Europa,
dove si spaziava dal mare alle praterie.
Quando
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È lunga e violenta la notte
della tua giovane vita
con la tua stella ferita
per l’alba che non sorgerà più.
Piccola cara adolescente
hai lasciato ai posteri
le tue emozioni e i pensieri
d’un rifugio senza la luce.
La testimonianza d’un
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 | Ritorna nell’aria eco del deserto,
l’odore acre dell’Olocausto
trasborda ancor l’onda incancellabile
di sangue e orrore.
Non s’arresta fiume di dolore,
pieghe della buia stagione
rinnova ferite mai ricucite dal tempo.
Rimbalza l’incubo nel giorno
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C’è una festa in paradiso
tra le alghe in mezzo al mare,
non v’è il frutto del peccato
solo anemoni da salvare,
ma il serpente tentatore
sulle onde sempre è agitato.
Non ci sono invitati
nè tavole imbandite
sulla porta il divieto,
qui nessuno
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Dietro quel muro grigio
circondato da filo spinato
e l’acre odor di morte,
nasce una rosa,
una rosa per ricordare,
una per non dimenticare.
Folle... folle... folle idea
di un belzebù incarnato.
Pazzia omicida!
Ha ucciso, trucidato,
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 | Adesso tocca a voi giovani leve
l’ambiente triste e torvo a districare.
Aveste scarso il nostro patrocinio
negli anni in cui sfilammo presto innanzi.
Poi giunse intelligenza artificiale:
quell’artificio che recò la scienza
portava a ben sperare in
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Occhi velati assenti non
vogliono vedere ciò che
accanto a loro sta per
avvenire.
Cuori di madre doloranti
figli strappati dal loro
grembo, crudeltà umana
senza discernimento
Fiori recisi, bimbi innocenti
pianti sommessi,
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 | Poesïa è l’ansia, lo spasmo, la spina,
il vecchio curvo che nell’acre ascesa
sfidando il vespro esorcizza la resa,
è il grande gelso che non gemma più.
Poesïa è madre che senza più lacrime
afflitta fissa due sfuocate foto
dei figli spersi in un
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All’ombra d’un raggio sfuggito al sole
giace dondolandosi un tenero fiore
si infrange nell’assoluto silenzio
donando al cielo il suo muto evidenzio.
La realtà giace nell’angolo, in attesa
osserva, quasi inerte, l’apatico respiro
nulla scalfisce
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Apri il cielo
ed apri il mare
nessuna goccia
può passare
Apri il vento
ed apri il fiume
qualche fiore
sboccerà nel sole
E se l’inverno
soffierà la neve
germogli di rovo
qui nel cuore
Le spine cadranno
sulle ferite aperte
di una
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Matera, effluvio divino
città di tufo e di Sassi, parca e millenaria
conglomerato di fitte abitazioni
simile a un’immenso gruviera o un’alveare,
misticanza di antichi pastori
che percorrono da sempre
aggrovigliati tratturi
e polverosi
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E’ un filo sottile di malinconia
il miele d’acacia dei tuoi occhi
neri come la pelle in ebano
da dove mi mandi le tue foto
Al limite d’un deserto subtropicale
insidioso quanto il mio suburbano
i tuoi disegni raccontano luoghi
mai visti e
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Ho incontrato gli occhi tuoi nel vuoto persi.
Bucavi con incalzante ritmo un bianco foglio,
scaricando la tua celata rabbia verso l’esistente.
Ho tacitamente cercato il tuo sguardo, ne ho colto il sussurro.
Tu, alienandoti, alzavi con foga invisibili
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Atteggiando mosse, gesti,
patti, intese e convenzioni
in mezzo ai più vari contesti...
quattro balzi e due scossoni
fatti a ritmo e
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 | Mitico baretto dove si teneva
sotto banco gran rispetto.
Frequentato dai più
ora chiude non c’è più.
Chiuse le serrande,
non ci saranno più
le splendide bevande.
Ora con mio rammarico
anche se ero attirato
non sono mai entrato.
Ma sin dai
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| La Campania ha la forma di un orecchio,
e sa bene ascoltare ciò che altrove
dice codesto mondo; come specchio
ne riflette tendenze, che rimuove,
perché un po’ tutto, nel suo mondo vecchio,
a essa si piega: anche le idee nuove
sono spesso
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| Chi ha divorato il tempo
era qui un istante fa
volevo
aspettare prima di...
ma è sparito
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Il mistero avvolge astri lontani,
lassù sentire l’armonia dell’universo
scintilla di vita dopo il caos.
Genesi di un mondo virtuale
paradisi artificiali si schiudono
connessi a nuovi orizzonti.
Energia oscura che si insinua
in reti neuronali,
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Non ha più tocchi
il campanile del mare
nè scie luccicanti
il guardiano del faro
gemono corde d’onde
come violino stringato
dall’indifferenza.
Tra un vagito e un rantolo
si spengono le vite
senza carezza di Nettuno
nè dai figli di
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7901 poesie pubblicate su questo argomento. In questa pagina dal n° 691 al n° 720.
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