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♦ Pierfrancesco Roberti | |
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Settembre 2025 |
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Le 2904 poesie in esclusiva dell'argomento "Uomini"
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Non facile riempire pagine
su qualcosa che sino da piccola
hanno elaborato in quel loro
fantasticare elogiare
per quel sistema di vita
che ancora si pone
.
seppure nel suo dolore
condiviso da chi fino ad oggi
è riuscito a stare al passo con i
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Come un tempo non è mutata
la salita or sale dura la fatica
con passo lento stanco il vecchio
mentre il sudor dalla fronte cola
con un forte sospiro con la mente
ritorna a un suo passato di corsa
lesto era quel muover delle gambe
lassù una
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Si guarda attorno il vecchio oggi a Vernate
poco quel verde dei campi in lontananza
lontano il tempo dei canti delle mondine
nelle risaie tante le ville e le villette alla sua
vista di conforto un bastone di robinia stanco
il passo muove verso un
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Se i sogni con l’alba spariscono presto
allora conviene dormire sui prati
così con il sole i suoi fiori brinati
ben freschi e odorosi felice calpesto.
Se un sogno di notte è il più sano dissesto
allora il coraggio che ha i giorni contati
dal tempo
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Che commozione udir le tue novelle
sì sciorinate... come campane a festa
illuminar la notte e le sue stelle
che per vergogna il ciel chinò la testa.
Lungi da me paragonar le gesta
del sommo Poeta asceso sugli allori
a noi piccoli scribi... tanto
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Fiorentino anch’io,
arrossisco al sol pronunciar
dell’Alighiero.
Genio rivoluzionario,
combattente sul campo.
Visionario d’un Italia tutt’intiera,
pagasti caro prezzo.
Con cerchi eterni
d’infuocata Bellezza.
dipingesti ogni pagina
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Quindi?
Cosa dovrei dire... ho detto tutto
forse anche troppo
lacrime e sorrisi, foglio dopo foglio
hanno lasciato un segno
un segno non proprio visibile, ma percettibile
chiaro per chi vorrà capire
per chi vorrà andare oltre
e per chi deve
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Un senso di pace s’instaura
quando la coscienza è a posto
come colomba pare di volare
lassù dove il male non attacca
svegliarsi tornando con i piedi per terra
non sempre è di nostro gradimento
volteggiare in una nuvola
cosa gradita alla
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Ed io che sono il merlo della sera
sconvolgo la tempesta del non fare
nel noto labirinto del latrare
tentando inutilmente la maniera
di accendere la vecchia tiritera
che vuole solamente addizionare
il misero cadeau fallimentare
sul banco
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Al sole essiccava a far fieno
l’erba novella di fresco tagliata lì
smossa da mossi bastoni da mani
sapienti la calura una tregua poneva
di bologna frittata stracchino i panini
tre sorsate foraci di vino dal fiaschetto
rimosso dalla gelida acqua
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Me li ricordo seppure sian passati circa
settantanni quei giovani di quel tempo
eran Giacosa Marc’Aurelio Pietro Crespi
quelle vie di periferia di Milano guidava
uno delle San Carlo patatine il camioncino
il secondo biondiccio il triciclo giallo
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Allentare la morsa che ogni dì s’imbatte senza rispetto
diventa un’occasione onde approfittare di attimi
che altrimenti oggi non potrebbero sopravvivere
eclissati un tempo ritornano a battere i piedi
affinché nel loro respirare trovino un posto
ove
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Camminavo sul marciapiede,
non ci feci caso e la calpestai.
Due giorni dopo mi capitò di nuovo
d’incontrare quel quadratino
con ub nome inciso
ma squillò il telefonino
e non andai avanti.
Ci volle il terzo incontro
per capire cosa
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Fa di nome
Gedeone,
di cognome
Balanzone,
porta specchio
nel taschino
ed un vecchio
pettinino,
con perfetto
ciuffettino...
ma l’aspetto
da cretino.
Si atteggia
da docente,
sulla reggia
del sapiente,
del tripudio
non fa senza,
non
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Sapevano i miei passi di paure
di giorni incatenati al vaneggiare
tra putride eruzioni e marchiature
compagne nere e bieche del dannare.
Volevano i miei passi cancellare
il vento maledetto della storia
sospinto dal suo male per creare
fenomeni di
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Sempre che gradito ai commensali sia,
a salutar, d’ultimo, ci s’appresta,
con commiato e disgusto, l’intruso.
Nulla v’è ch’il pensar d’altrui, ignori
e fin’anco l’alma s’accheta.
Nei turbamenti d’estate, a lungo anelati,
s’ode, ora, un sapore
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C’eravamo anche noi
a ritagliare gli angoli di sole
seduti sulle ali
dei purpurei aliti di vita
elemosinando aurore
alle pozzanghere colme di cielo.
Fermi alla fonte
vedemmo la maggiorana
maturarci negli occhi
e il fiore
dare pane all’ape
nel
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il nostro amore fini come due estranei
senza nemmeno uno straccio d’abbraccio,
alle 16. 47 di un giorno d’agosto,
più precisamente, venerdì.
Che brutto lasciarsi di venerdì.
Si poteva, per lo meno aspettare,
la domenica sera, fine del
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Ritorna oggi da vecchio al suo paese
più non conosce i luoghi della giovinezza
e s’affida ai ricordi qui per ricordare
e rivedere che inutil domandare che chi sa
è lontano o dorme da tempo al cimitero
che ne è stato si domanda del mulino di quella
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¡Hey pibe! ¿Dónde estás?
Me han dicho que te has ido,
que volaste lejos
quién sabe a cual desierto lejano
a perseguir al viento.
Tú que pateaste el mundo
para hacerlo un lugar más justo.
¡Sabes,
ayer me asusté!
Demasiado pesada tu
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 | Lungi da riflettori accesi
gioca solitario el Pibe de oro
l’ultima partita
nel verde campo della vita.
Senza rigore alcuno
s’erge l’ultimo pensiero
scostandosi leggero
dal sipario illuminato al tacito silenzio,
lasciando attonita platea
tra
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| Ebbi a prenotar l’ultimo viaggio, e,
Ahi qual travaglio!
In quel luogo di pace,
per pochi, avulso,
per malefatte, s’avea disagio.
Com’anco i trascorsi rapporti,
giammai, idilliaci.
Ch’a dissipar remore,
d’ogni tangibile prova, d’epistola,
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E seguo all’orizzonte la mia stella
dolce compagna serica di ghiaccio
estremo canovaccio
del Cristo con la sua buona novella.
Canzone e pimpinella
con note travolgenti a cui riallaccio
i verbi e le espressioni che rifaccio
col timbro di una
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Statistiche statistiche
sicuramente avranno il loro bel daffare
ma non sempre sono da valutare
guardare dentro l’animo di chi
avvolto in una nube non riesce ad esternare
la cosa migliore
proprio qui da porre un occhio
altrimenti si rischia una
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Vascelli salparono d’ignoto,
ove d’attesi approdi, l’epiloghi.
Ostentate deiezioni, d’autogenesi,
d’avulsa ratio all’atto ultimo, s’ordirono,
distratti da sciabordii diafani.
Sepolcri partorirono rigurgiti,
laddove nulla, d’Egli, s’ebbe.
Mai,
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Sotto un pergolato dove domina
l’uva americana si riposa il vecchio
e in lontananza vede quei campi
di messe bionde colorati che
il sole inonda e più intenso
rende il contrasto con del cielo
l’azzurro e guarda il vecchio
e poi sospira e si sente
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Invisibili
su barconi groviera,
tornaste alla luce.
Centinaia di boe umane
accese tra le onde,
gridano: "Stiamo morendo".
Nel balbettio delle risposte
morì anche la promessa.
E il mare,
specchio oscuro dell’anima
si tinse di giallo e di
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Ricordare Srebrenica,
scolpiti negli occhi
i bianchi cipressi di marmo
che puntano il cielo
e le radici all’inferno.
Al cimitero di Potocari
la processione di madri e mogli
continua senza pace.
Gridano giustizia
le vite fatte a pezzi
dai
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Un portone un arco quell’androne
tu seduto in attesa nei campi
nell’assolata ora del meriggio
dell’andar il lavoro mattutino
a terminar attenta la guida giran
le ruote del trattore lì quell’angolo
del campo da sfalciare lì quell’altro
da seminare e
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Impasto
terra acqua...
fango
Poi un soffio d’amore ha generato l essere
l’uomo
che più non vede non ascolta
non ama non perdona
Non ha rispetto
paura questo uomo
Non ricorda ...
Senza quel respiro donato
torna un impasto d’acqua
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Ti sei aggrappato ad un alito di vento
Lasciando la pesantezza del tuo corpo
China su un pentagramma
Ad ammansire il suono del silenzio.
Adesso sei danza di note
Sui campanili deserti del cielo,
Il soffio ansante della corrente ascensionale
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2904 poesie pubblicate su questo argomento. In questa pagina dal n° 151 al n° 180.
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