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Sono sopravvissuta a tante
stelle velenose.
Muffe dal cielo, che respiravano
i miei sogni come funghi
avidi di lacrime.
Sono sopravvissuta a questi
vermi nel fango blu che, come
un ombrello macerato dalle
tarme, mi incoronavano il capo.
Maledicendole, foderavo la mia
cute tesa per non restare a
contemplare occhi feriti e spine
dorsali inarcate nel sostenere
lo sguardo impenetrabile
della stessa luna.
Bisbigliando oscuri odori sul
cuscino inflessibile che non
ricorda più, allattavo malinconici
fermo immagine.
Sono sopravvissuta, attendendo
avvoltoi di minuti regolati fissi
nell'inverno di chi non torna.
Osservando la corrente immobile
di palpebre serrate agonizzanti
nella fobia di un buio denso.
Sono sopravvissuta, cadendo
a pezzi di preghiere silenziose
e brontolii che invecchiano sopori
sempre più scoloriti.
Continuando ad udire rimasugli
di voci disperse dalle lampade
estinte che spegnevano scintille
di consolazione, osservavo per poi
rinvenire un primo piano sfocato.
Sono sopravvissuta, sentendo
questo paesaggio taciturno e
randagio.
E ora che precipito dalla cupola
scura, non più una stanza, non
più un letto, non più quegli occhi
di stelle senza memoria dei miei. | |
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Opera pubblicata ai sensi della Legge 22 aprile 1941 n. 633, Capo IV, Sezione II, e sue modificazioni. Ne è vietata qualsiasi riproduzione, totale o parziale, nonché qualsiasi utilizzazione in qualunque forma, senza l'autorizzazione dell'Autore.
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