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        | Giacea in sul letto immobile,deposto ‘l regio acciaro,
 sentìa d’intorno ‘l caro
 de’ figli suoi ‘l lagnar;
 le man teneva tremule
 al petto suo congiunte,
 le carni gli eran unte
 dell’ultimo sudar.
 
 Da un finestrel n’andavano
 l’aure dell’ansio Eusino
 il tenebror ferino
 d’un’orba Notte entrò,
 e fiochi i lumi ardevano
 pella regale stanza,
 d’una funerea danza
 vicin un son gridò.
 
 Un servitor nostalgico
 dell’uom la fredda fronte
 tergeva; e colmo d’onte
 gemè l’Imperator.
 Ma questi avuto un attimo
 di giovin mente e fiera,
 guardando in su’ una cera,
 chiedeva un pio favor:
 
 «Si compia di Sant’Elena
 per me ‘l gentil desiro:
 che l’ultimo respiro
 l’esali in Cristo Re»,
 e allor con guardo estatico
 pianse alla madre estinta,
 la tunica discinta
 in sul suo cor fendé;
 
 e un fraticel angelico
 dagli alti e bei aspersòri
 attinse e incensi e odori,
 ed almi mar cavò,
 e fermo e santo e nobile
 baciò l’Imperatore,
 gli fe’ una Croce al core,
 e poi lo battezzò...
 
 e l’uom morente a un ultimo
 sogno n’apriva ‘l ciglio,
 scorse volar il Figlio
 del Dio che uom perì,
 e v’eran campi floridi
 di santi e vaghi Elisi,
 in Luce avvolti i visi,
 e ‘l Paradiso udì.
 
 Vedea fuggir di Satana
 l’ombra crudele e cruda,
 della Ragione ignuda
 i sogni altèr svanîr,
 e in Ciel tra’i nembi, ‘l Calice
 dagli Angioli portato
 al suo sì estremo Fato
 s’ergeva ad apparir;
 
 e udiva i molli cantici
 de’i Cieli ardenti, etesi,
 ed i broccati cesi
 de’i Cherubi ammirò...
 e vide i spirti mistici
 de’i Santi e degli Eletti,
 n’udiva i quieti detti,
 e allor fu che spirò.
 
 Lasciato ‘l scettro orribile,
 deposta l’empia daga,
 quest’imperial e vaga
 anima a Dio s’offrì;
 ed un poter ignobile,
 e d’un tiranno ‘l piede
 chinavansi alle Fede,
 ed ei giammai morì...
 
 e ‘l mesto e ligio monaco
 la salma benediva,
 e un giusto a Lui saliva,
 vinto perfin l’avel;
 e si compì quel Vincolo
 che al Ponte Milvio urlava,
 allorché quei pugnava
 nel nome pur de’i Ciel.
 
 «Tu vincerai, oh sì nobile,
 se segui questo Segno,
 se a’ miei Profeti ‘l regno
 dischiudi, sarai re!»,
 in sogno oscuro dissegli
 l’arcana e dotta Voce,
 e si mostrò la Croce,
 e onori a lui rendè.
 
 Vinceva ‘l prode, e l’anima
 a Cristo diè l’Impero,
 e Roma in sul Mistero
 del Giusto s’ingrandì;
 ed or quest’uom cadavere -
 del serto ‘l crine spoglio -
 giaceva, e un gran cordoglio
 per lui e ‘l lagnar s’offrì.
 
 Ma in Ciel i cori angelici
 cantavan lodi ed inni,
 e le sconfitte Erinni
 e l’Orco a Dio sfumâr,
 e ‘l sacro Elisio in mistico
 chiaror d’un astro santo,
 e ‘l carme in dolce canto
 ognora si mutâr.
 
 Gloria, oh Celesti, oh Arcangeli,
 vinceste! Ed or un uomo,
 potente e frale atòmo
 in Voi trovò pietà!
 Gloria, oh pio e santo Spirito!
 Gloria! Tu ‘l convertisti,
 e più da lui non disti,
 gli dai la tua Beltà!
 
 Spento è ‘l Poter terribile,
 l’Imper n’ha nuova Vita,
 la salma irrigidita
 d’un prode va Lassù.
 Strutto ‘l Peccato ignobile,
 i Martiri e gli uccisi
 risorgon dagli Elisi,
 e vince ‘l Re, Gesù!
 
 Le guerre e i lutti e i spasimi
 svaniscon; nuovi Cieli,
 e terre nuove e i veli
 di Gioja vanno al cor.
 Plaudite: «Osanna!», oh Angeli!
 Quest’è d’Iddio la Face!
 Trionfato ha qui la Pace,
 trionfato ha qui l’Amor!
 
 Uomini e Donne ai Miseri
 schiudete i vostri cori,
 portate sol Amori
 laddove regna ‘l Mal!
 Popoli e Genti è l’Attimo,
 è questo ‘l pio Momento!
 Pregate pell’Avvento
 di Lui che fia Immortal!
 
 Gloria a Colui che i nuvoli
 regna, ch’è ‘l Dio che vive!
 Gloria! Doniam giulive
 parole al Salvator.
 I sordi e i ciechi e i poveri,
 gli storpi e i peccatori
 già vincono i dolori.
 Trionfato ha qui ‘l Signor!
 
 “Dignare, Domine, die isto
 sine peccato nos custodire.
 Miserere nostri, Domine,
 miserere nostri!
 
 Fiat Misericordia tua, Domine, super nos,
 quem ad modum speravimus in Te.
 
 Fac ut Animae donetur
 Paradisi Gloria.
 
 In te, Domine, speravi,
 in Te speravi.
 Non confundar in Aeternum!”
 
 Amen
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