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♦ Pierfrancesco Roberti | |
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Elena Poldan
Le 511 poesie di Elena Poldan
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ti giunga affilata la mia spada
acuminato veleno da instillare
fra le tue fradice arsure
nebbia da bruciare e pioggia per inondare
ogni alito di pena
sia selvaggia la mia rabbia
dirottata preda da sventrare
tra inni alla noia e frantumate
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ho strappato sorrisi
dai fianchi di giorni ingordi
e abbattuto stelle
dalla schiena discinta di notti ribelli
ho tamponato lacrime e fiumi
dal mio ventre tradito
e sconfitto attese
avvinghiate ai miei sogni
ho acceso candele
per simulare
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giace sotto massi di cemento
quella parte di me che aborro
ma a volte sibila nel vento
s'insinua ghignando
sotto i miei candidi veli
macchiandoli
ha una forma strana
questa voce che mi chiama
quando nessuno intende
ed io stessa non mi
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 | a volte scelgo le vie del male
oscure grotte senza sole
dove gemere e urlare
e a tratti morire
strangolando gli ultimi strazi del giorno
e magari gioendo
di macabri assalti al plumbeo
recondito fuscello
del mio smarrimento
sono abissi senza
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divento lacrima
certi giorni di festa
che darei un funerale
pur di non sentire
il tempo soffiare
sulle mie albe
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non udivi
friggere la mia noia
fra i salici piangenti della mia camera solitaria
e strangolare capre nel giardino degli gnomi
non mi vedevi
saltare sui lampadari
e suonare arpe d'argilla
senza angeli in prima fila
e urlare al vento
senza fiato e
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rinnegata dal silenzio
tradisco attese
appese a ventagli di promesse
-dismesse-
svitano il giorno
frasi bucate
malsana sete d'affondare
tra fiotti di porpora senza fine
o appesa ad aquiloni senza fili
-illusioni senza lumi-
o senza fiatare
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 | ci sono cassetti rotti
nelle mie stanze dimenticate
e insetti morti
foglie secche
lettere ingiallite
fra anelli arrugginiti
ci sono imposte scardinate
sigillate da anni di polvere
su giorni scoloriti
tra passi sciagurati
ci sono ragnatele
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battono sui vetri delle mie incertezze
gocce di ieri
musica per incauti avventori
di sbiadite chimere
catene di ghiaccio svaniscono dai miei polsi
languono lacrime
liquida sottrazione ai venti
per letti di fiumi in piena
agitano le fiamme di
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vorrei squarciare i miei veli
mostrarti le mie stimmate
dar voce alla mia anima
-malinconica farfalla che geme e si dimena-
ma una coltre d’ostinato livore
mi confina entro prigioni senza sole
m’inchioda a un silenzio letale
mi rende di
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è la mia vita che scompare
fra sottili fessure di cielo
o ingoiata dal mare
dispersa dal flusso d'un pensiero straniero
m'annodo ai lacci dei miei ieri
ma lerci sfilacciano il giorno
ed io rimango senza piedi
sotto un nembo
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fra sillabe vane
indegne ancelle
di pensieri blindati
sfilaccio il giorno
al declino
piume amaranto
fra le mie ciglia di paglia
voragini immense
stanano domani impauriti
ecatombe d’un alba
che muore irrisolta
ancora una
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sbattimi
imperatore dei venti
fra tempeste di ghiaccio
e insano vuoto
ai confini di tenebre e delirio
fra martiri costanti
e arsure d’assenza
è un nocchiero senz’anima
questo pensiero amaro
che incede e falcia incurante
giorni senza
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scolora il tempo
nella falce che recide traiettorie
e le ricuce
fra inesplorati sentieri di luce
sfida secoli e tempeste
questa forza che trascina
oltre onde di paura
-sabbia che scompare
corrente che tracima-
è una cattedrale in un
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 | sono albero stamattina
china chioma che profuma l'aria di brina
vento tra le fronde che sospira
speranza che sprigiona e poi cattura
sono verde aromatica attraente
sono foglia che trema di paura
e poi s'invola in sentieri di bruma
sono resina
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è una sete costante
quest’arsura che non passa
ma perdura
è la mia assenza di me
che urla di giorno
dentro tristi sorrisi
e mani gelate
è una vita che gocciola punte di strade
non consumate
e scarpe slacciate
in
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Leggi la biografia di questo autore!
Invia un messaggio privato a Elena Poldan.
Indirizzo personale di Elena Poldan: elenapoldan.scrivere.info
ho vuotato le tasche
e riempito il mio viale di luce
era inverno quando ritrovai il mio stemma
giaceva sepolto sotto una coltre di neve
faceva freddo e pioveva
mi rividi dopo tanto tempo
ero bella
fulgida la mia spada brillava nel sole
le mie
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 | cadono gocce d’argilla
e il mattino è un urlo eterno
inestinguibile
terremoto
tramonto
inferno
estirpa incurante
la sua falce prepotente
è una tempesta fasciata di notte
un ramo tranciato
un gemito soffocato
un mare di pece
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è un distratto gioco di dadi
questa vita che scorre incurante
mentre strappa dita
e accende smeraldi
in occhi increduli
variopinti giorni s’incamminano
malgrado girotondi senza senso
e chiodi piantati su croci finte
ma che pesano quando
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anche gli angeli talvolta perdono le ali
s’evince dalle lacrime
che spengono lingue d’anima
stille di sale che scendono gemendo
che tremano all’unisono d'un cuore asincrono
e infine scivolano via nel vento
anche gli angeli si destano di
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erano fronde
cestini di fragole
nidi di rondini
foglie nel vento
ero io
che
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volano via le rondini
dell’illusoria primavera
giunto è l’inverno
ma nudo il corpo
non scorge riparo
senza occhi e senza mani
vuoti gli specchi
denuda anche l’anima questo gelo
che membra non colpisce
ma usurpando ogni incantato
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 | refi lunari s’intrecciano
sul selciato abbandonato
onde scure
lambiscono ansie tumulate
da scorie d’amianto
scie di note lontane
trapassano
in schegge di nostalgia
vagano oltre
sguardi di cristallo
sillabe mancanti
sogni
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| d’argento i riflessi
di questo mare che sgorga
dai miei recessi inesplorati
sono tasti che sfioro danzando
fra notti e albe di cristallo
si scottano ali
di angeli sinceri
e cadono giù
in baratri di spine
brancolano nel buio pensieri
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vorrei essere un'aquila
per sorseggiare il vento
fra stralci di nuvole
e colori fragili
vorrei ondeggiare nell'aria
sospesa nell'alba
sul limitare del tempo
con ali di coraggio
e poi ingoiare l'Immenso
questo baratro di
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 | Fioccano
i miei pensieri
in questa notte di nuvole
volteggiano
s’inseguono
si disperdono
nel vortice invernale
nude bianche
anonime apolidi farfalle
non lasciano tracce
scompaiono
ingoiate dal vento
della mia dispersione
bufera
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*
volano via farfalle
in arabeschi di coriandoli
dalle mie scatole di vento
ne trattengo la polvere
nell’impalpabile gioco di assenze
solcano oceani
le mie mani senza approdi
in rivoli di sale si dissolve liquida
la mia anima senza
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*
scende la notte
tenebre amiche si spogliano
degli ultimi frammenti di colore
e quando il silenzio avvolge ogni essenza
inizia a parlare
chi di solito tace
fra gocce cadenzate sull'asfalto
nel fruscio di verdi chiome
nello sciabordio di
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ho atteso alle porte della follia
fra altalene di frasi sfitte
tremando sorrisi su impronte di intimiditi batacchi
all’uscio di giganti di ferro
d’orgoglio esalante da spranghe e sigilli
sordo cieco rimbombante
la mia voce un urlo silente
-falena
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è in momenti come questo
che rinasco in un astro mai scorto
e mi scaldo nel suo riflesso
dimenticando tutto il resto
è in momenti come questo
che riscopro le mie ali
e librandomi nel cielo
mi tuffo nelle nuvole
e poi dipingo le
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511 poesie trovate. In questa pagina dal n° 271 al n° 300.
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